Il parroco e il ladro di ostie

O della differenza tra il grande romanzo di Victor Hugo e la burocratica giustizia italiana

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – In una memorabile scena de I miserabili di Victor Hugo monsignor Myriel non solo perdona Valjean per il furto della sua argenteria, ma gli regala anche i candelabri d’argento, salvandolo dalle grinfie della gendarmerie. Qualcosa di simile tentò di fare in primavera don Duccio quando scoprì con sgomento che dall’altare della sua parrocchia a Mattarello (Trento) era scomparsa la teca dorata contenente qualche ostia.

Scattò la denuncia e partirono le indagini che, in verità, si conclusero in un amen. Ad aver rubato le quattro particole era stato un disadatto del paese, un poverocristo mezzo alcolizzato e senza fissa dimora che, un po’ alticcio, s’era intrufolato in chiesa e, immaginando chissà quali profitti, s’era impadronito della teca. Scoperto, l’uomo aveva subito confessato e chiesto perdono al parroco tramite una lettera. Don Duccio accolse la richiesta di buon cuore, assicurando al ladro di ostie perdono e preghiere.

Tuttavia, poiché la giustizia italiana assomiglia troppo spesso a una macchina automatica priva di senno, il processo nei confronti del senzatetto è proseguito imperterrito fissando l’udienza per i primi mesi del 2016. Poveri noi.

Questo ci conferma non solo che non esista forma più alta di giustizia che la misericordia cristiana, ma anche che non esiste buon senso nella burocrazia giudiziaria. Oggi un monsignor Myriel non solo non basterebbe a fermare la gendarmerie, ma molto probabilmente si beccherebbe una denuncia per concorso esterno in furto di candelabri.

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