Parole perse / Trascendenza: la nostra urgenza strutturale che il Metaverso può solo ingannare

Il corpo, la carne, stanno diventando un bel problema e la tecnologia sembra fatta per risolverlo. Si potrà annusare cibi, toccare tessuti da acquistare, fare sesso a distanza. Tutto a posto?

La via moderna alla realizzazione è tutta in una “ascesi intramondana”, osservava Max Weber. Il gioco, dunque, è tutto nel mondo: “tutto mondo”. E basta.

Dobbiamo osservare che il secolo breve che ci siamo lasciati alle spalle si è presto accorto che questo mondo è stretto, piccolo e anche brutto: ci siamo accorti che il richiamo allo spazio, al respiro dell’anima è necessario, che la trascendenza non è un gioco per credenti, ma una necessità dei polmoni. La trascendenza quindi (che ci sia qualcosa oltre il mondo, cui siamo vincolati) è una urgenza strutturale.

Qui un nuovo, recente paradosso, che i colleghi sociologi chiamano “trascendenza immanente”: potremmo chiamarla “trascendenza che non spicca il volo”, trascendenza che decolla per tornare in un altro posto, vicino o lontano ma pur sempre terreno. Una trascendenza “sintetica”. Una parola persa.

L’industria culturale americana è stata la fabbrica di questa trascendenza moderna,...

Contenuto riservato agli abbonati: abbonati per accedere.

Già abbonato? Accedi con le tue credenziali:

Exit mobile version