Papa Francesco ai tossicodipendenti: «Vi abbraccio tutti, voi che siete la carne sofferente di Cristo»

Ieri papa Francesco si è recato a Rio in un centro che recupera i drogati: «Non è con la liberalizzazione dell'uso delle droghe che si riduce la diffusione della dipendenza»

Dopo la Messa nel santuario di Aparecida, ieri papa Francesco nel secondo giorno della Gmg in Brasile si è recato all’Ospedale San Francesco di Assisi di Rio de Janeiro, struttura che recupera le persone dipendenti da droghe e alcol e fa assistenza medico-chirurgica gratuita agli indigenti. La visita è stata fortemente voluta dallo stesso Bergoglio, che si è recato in una di quelle “periferie esistenziali” di cui tanto sta parlando nel suo pontificato.

CARNE SOFFERENTE DI CRISTO. Dio ha voluto che i miei passi «si incamminassero verso un particolare santuario della sofferenza umana qual è l’Ospedale San Francesco di Assisi», ha detto il Papa. «È ben nota la conversione del vostro Santo Patrono: il giovane Francesco abbandona ricchezze e comodità per farsi povero tra i poveri, capisce che non sono le cose, l’avere, gli idoli del mondo ad essere la vera ricchezza e a dare la vera gioia, ma è il seguire Cristo e il servire gli altri; ma forse è meno conosciuto il momento in cui tutto questo è diventato concreto nella sua vita: è quando ha abbracciato un lebbroso. Quel fratello sofferente, emarginato è stato “mediatore di luce […] per San Francesco d’Assisi” (Lett. enc. Lumen fidei, 57), perché in ogni fratello e sorella in difficoltà noi abbracciamo la carne sofferente di Cristo».

NO LIBERALIZZAZIONE DROGHE. Oggi, ha aggiunto, «in questo luogo di lotta contro la dipendenza chimica, vorrei abbracciare ciascuno e ciascuna di voi, voi che siete la carne di Cristo, e chiedere che Dio riempia di senso e di ferma speranza il vostro cammino, e anche il mio». È necessario «imparare ad abbracciare chi è nel bisogno, come ha fatto san Francesco. (…) La piaga del narcotraffico, che favorisce la violenza e semina dolore e morte, richiede un atto di coraggio di tutta la società. Non è con la liberalizzazione dell’uso delle droghe, come si sta discutendo in varie parti dell’America Latina, che si potrà ridurre la diffusione e l’influenza della dipendenza chimica. È necessario affrontare i problemi che sono alla base del loro uso, promuovendo una maggiore giustizia, educando i giovani ai valori che costruiscono la vita comune».

ESSERE PROTAGONISTI. Abbracciare però non basta, ha continuato il Papa davanti ai tossicodipendenti: «Tendiamo la mano a chi è in difficoltà, a chi è caduto nel buio della dipendenza, magari senza sapere come, e diciamogli: Puoi rialzarti, puoi risalire, è faticoso, ma è possibile se tu lo vuoi. Cari amici, vorrei dire a ciascuno di voi, ma soprattutto a tanti altri che non hanno avuto il coraggio di intraprendere il vostro cammino: Sei protagonista della salita; questa è la condizione indispensabile! Troverai la mano tesa di chi ti vuole aiutare, ma nessuno può fare la salita al tuo posto. Ma non siete mai soli! La Chiesa e tante persone vi sono vicine».

BUON SAMARITANO. Poi richiamandosi alla parabola del Buon samaritano, ha concluso: «Cari amici, credo che qui, in questo Ospedale, si faccia concreta la parabola del Buon Samaritano. Qui non c’è l’indifferenza, ma l’attenzione, non c’è il disinteresse, ma l’amore. L’Associazione San Francesco e la Rete di Trattamento della Dipendenza Chimica insegnano a chinarsi su chi è in difficoltà perché in lui vede il volto di Cristo, perché in lui è la carne di Cristo che soffre. Grazie a tutto il personale del servizio medico e ausiliare qui impegnato; il vostro servizio è prezioso, fatelo sempre con amore; è un servizio fatto a Cristo presente nei fratelli: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40), ci dice Gesù».

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