Palermo, Orlando non sa come disinnescare la bomba del carrozzone Gesip

Nata come uno degli ultimi atti dell'amministrazione Orlando nel 2000, la municipalizzata che si occupa dei servizi del comune è diventata ingestibile. I lavoratori promettono di mettere a ferro e fuoco la città

Curioso destino, che rischia di avvinghiarsi in circolo intorno al sindaco di Palermo Leoluca Orlando. Era stato proprio per iniziativa del “sinnacollando”, come lo chiamano i palermitani, che nel 2000 era stata costituita la Gesip, partecipata comunale che si occupa di servizi per la città (dalla pulizia e mantenimento del cimitero, a quella delle scuole o degli uffici): uno degli ultimi atti della primavera di Palermo.

Quello che ne è conseguito è stato uno dei più grandi carrozzoni clientelari dell’isola, giunto – una tornata elettorale dopo l’altra e quindi un’infornata di precari dopo l’altra – a 1.808 dipendenti, assunti tranquillamente anche nell’ultimo decennio di amministrazione del centrodestra, come prima dal centrosinistra senza alcuna distinzione.

Gesip nasceva, sulla carta, con l’intento di dar lavoro ai precari; e questo ha fatto. Peccato che ciò sia avvenuto senza alcun criterio se non aziendale, quanto meno di logica: così dalla fine del 2011 il carrozzone Gesip non ha più un euro in cassa nemmeno per pagare gli stipendi. Eppure è andato avanti un mese dopo l’altro sino ad ora, grazie ad uno stratagemma. Ogni mese, infatti, sono stati sbloccati i fondi per gli stipendi con un’ordinanza di emergenza della Protezione civile. Ogni mese avrebbe dovuto essere l’ultimo, invece l’emergenza è stata solo rimandata fino al mese successivo: nessuno si è preso la briga – nessuno, soprattutto nel governo Lombardo, che pure ha gestito la palla rovente Gesip da gennaio di quest’anno – di risolvere una volta per tutte il problema.

Il sistema è così proseguito, e pure dopo l’elezione del “sinnacollando”, anche perché, non appena si paventava la chiusura di Gesip, subito i lavoratori scendevano in piazza e lì erano dolori per tutti. Cassonetti traboccanti di monnezza, fino a livelli da emergenza, scioperi e blocchi stradali, uffici e scuole abbandonati in condizioni antigieniche sono stati i principali esiti delle proteste dei lavoratori della municipalizzata. Lavoratori che, se non hanno il potere di chiedere una gestione corretta dell’azienda, hanno di sicuro quello di gettare nel panico gli amministratori comunali e regionali, che finora sono solo riusciti a avviare la messa in liquidazione del carrozzone.

Ora è successo però che Roma avrebbe dato il niet all’ennesima ordinanza per sanare l’emergenza: Orlando per tutta risposta dà la colpa ai partiti dell’opposizione, mentre la sua giunta ha parlato in un documento sul caso Gesip di «una strategia della tensione. Sulla gestione dei servizi per la città si sta giocando una partita in cui si intrecciano interessi economici e criminali».

L’osservazione è plausibile, ma non esclude le responsabilità di tutti gli amministratori della città, compresi questi ultimi. L’ex commissario Gesip, Massimo Primavera, denuncia: «Ogni mese l’azienda incassa la fattura del mese precedente. Con questi soldi vengono pagate tutte le spese obbligatorie, come stipendi e contributi Inps. Perché l’attuale liquidatore quando ha ricevuto le fatture relative al periodo di mia competenza non ha liquidato banche e finanziarie? Inoltre la Gesip vanta crediti dal Comune di Palermo per 10 milioni. Sono andato via perché avevo compreso che si voleva chiudere e disfarsi dei lavoratori»: e invece per mesi le cose sono andate avanti lo stesso.

Ora i 1800 lavoratori sono quelli che temono di dover pagare per la malagestione: «Vogliono togliere il pane ai nostri figli – dicono i lavoratori – e questo non lo permetteremo. Siamo pronti a tutto, anche a fare la guerra, bruciare anche agli autobus,i mezzi pubblici, le macchine della polizia e dei carabinieri. Fare la guerra. Se non otterremo niente distruggeremo Palermo».

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