Ora che c’è Trump, la serata degli Emmy pare il premio Sacharov

Scusate. Una brevissima, improcrastinabile edizione speciale di Trump-che-rovina-cose solo per segnalare che l’altro giorno Trump, nel caso non ve ne foste accorti, ha rovinato irreparabilmente anche gli Emmy Awards, i cosiddetti “oscar della tv”. Ne scrive oggi nel solito modo magistrale su Repubblica Vittorio Zucconi (e chi se no?). Leggete, leggete e vedrete. Se anche voi, come noi, siete dei sinceri democratici e non riuscite più a dormire da quando quel cafone occupa a sbafo la sedia di Obama, ebbene sentirete un brivido corrervi lungo la schiena, scoprendo con quanta sofferenza le star della tv americana siano state costrette a trasformare quella serata in un unico grande show di satira su Trump. Quanti soprusi, quanta persecuzione. Poveri divi.

In tutta la serata dedicata alle premiazioni, scrive Zucconi «discorsi e monologhi si sono avvitati attorno all’incubo con i capelli arancione, Trump, e alla melma della violenza di genere e di razza che l’uragano Donald ha sollevato». Alec Baldwin, Stephen Colbert, Jane Fonda, e chi più ne ha più ne metta. Però non sono loro che sono fissati con Trump. O meglio, un po’ fissati con Trump lo sono, ma la colpa è di Trump, è lui che ha cominciato scatenando la «violenza di genere e di razza».

Non è un caso che quest’anno siano arrivati «anche il primo Emmy assegnato a un regista afroamericano, Donald Glover per la sua amara commedia Atlanta, o a un’autrice di colore, Lena Waithe, per un episodio ambientato a una Festa del Ringraziamento dove lei si dichiara in famiglia lesbica». Quale miglior prova del fatto che la «violenza di genere e di razza» regna sovrana nell’America di Trump?

Trump, continua Zucconi, «è stato l’incubo immanente di questa edizione» degli Emmy Awards. Proprio così: incubo. Neanche i vip della tv ci dormono più. Addirittura Alec Baldwin è quasi tornato in auge per colpa della sua imitazione di Trump. Capite che roba? Se non è tortura, poco ci manca. E tutto questo baluginio di stellette e stellone con la vita rovinata da Trump non è mica fine a se stesso, no, «attinge a sentimenti popolari reali», scrive Zucconi. Grazie Zucconi. Grazie divi.

La sintesi più efficace di tutti questi soprusi intollerabili l’ha data proprio il primo regista afroamericano insignito del prestigioso riconoscimento. Zucconi la riporta nel pezzo con una consecutio logica che è già di per sé un capolavoro:

«”Voglio ringraziare il Presidente per avere fatto di nuovo noi neri una minoranza oppressa”, ha commentato accettando il premio Donald Glover».

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