«Obbligata la svolta del Milan e di Berlusconi. Per puntare sui giovani Allegri è perfetto»

Francesco Caremani, giornalista esperto di economia politica, commenta le parole dell'ex premier sull'inversione di rotta del Milan: «Quella di Berlusconi può essere una eccezionale intuizione».

«Berlusconi non è stato ipocrita. Ha detto, chiaro e tondo, quali sono i limiti del Milan in questo momento e ha tracciato la via per il prossimo futuro». A parlare è Francesco Caremani, giornalista esperto di economia sportiva, che a tempi.it commenta le parole del presidente rossonero Silvio Berlusconi. In un’intervista rilasciata a Milan Channel, l’ex premier dichiara finita l’era delle spese folli e descrive la strategia per gli anni a venire: «Costruire un settore giovanile forte che vada a caccia di talenti», all’ombra dell’esempio per antonomasia, il Barcellona.

Il parallelo con gli extra-terrestri catalani è sensato?
Se fossi Berlusconi, sarei più attento. Il club spagnolo, nel tempo, ha speso tanti soldi per comprare campioni già affermati, come Ibrahimovic e Villa. Alcuni di essi hanno passato più tempo in panchina che sul campo. Il Barcellona non si limita alle giovanili, va ben oltre. È esaltazione della propria specificità regionale, ad esempio, contro il potere politico di Madrid e calcistico del Real. Aveva milioni di fan in giro per il mondo, ma non si curava di ciò che avveniva oltre i confini della Catalogna. Una squadra così formata non poteva sopravvivere economicamente: a quel punto, si è deciso di aprirsi al mondo. Ed ecco le novità: uno sponsor, la Qatar Foundation, con il contratto più remunerativo della storia dello sport, un marketing ben organizzato, un’ampia presenza sui social media. Così, insieme al Real Madrid, il Barcellona è l’unica realtà che riesce ancora a contenere i danni di una crisi economica capillare, che sta annichilendo le altre società.

Cosa significa “puntare sulla cantera“?
La Masia è il centro d’allenamento giovanile del Barcellona. Una specie di college, il paradiso di tutti i ragazzi che sognano di diventare calciatori. I migliori di questi possono trovarsi, insieme, a giocare prima nella Squadra B del Barcellona, poi nella massima serie. In Italia non esiste una struttura simile. Il Milan non ha mai cercato di proporsi attivamente nella crescita dei propri giovani. L’unico calciatore affermato che è uscito dal vivaio rossonero, negli ultimi anni, è Alberto Paloschi, che neppure gioca con la squadra che l’ha formato. Berlusconi fa bene a dire che, da oggi, si punterà sul vivaio, perché prima il Milan non l’aveva mai fatto.

Non c’è nessuna società che, in Italia, segue la stessa politica del Barcellona?
Udinese e Lecce hanno scelto una strada diversa. Acquistano, dall’estero, calciatori giovanissimi ma già abbastanza formati e di talento. Giocano due o tre anni, diventano appetibili sul mercato, le squadre li vendono e fanno affari. Partire dal proprio vivaio, tuttavia, è un’altra cosa. Richiede tempo, soldi, una formazione continua e la prospettiva che i giovani indossino la stessa casacca della società che li ha costruiti.

L’allenatore del Milan, Massimiliano Allegri, è bravo a lavorare con i giovani?
Massimiliano Allegri è stato un fenomeno a Cagliari, valorizzando una squadra senza top player. È giusto dargli fiducia. Adesso, il coach ha da ricostituire un assetto tattico che non dipenda esclusivamente dall’attacco – unica pecca di un giocatore come Ibrahimovic, che sviluppa su di sé tutta la manovra della squadra. Allegri è la persona giusta in questo momento di riedificazione di un tessuto strategico. Può darsi, tra cinque o dieci anni, che la scelta del Milan si dimostri come un’intuizione eccezionale.

Quindi, le parole di Berlusconi rischiano di essere profetiche?
Secondo me, Berlusconi si è trovato costretto a fare un’uscita pubblica. La società è a una svolta storica: sta rimborsando gli abbonamenti ai tifosi, illusi da una pubblicità che mostrava i protagonisti del club, tra cui Ibrahimovic e Thiago Silva, poi venduti. Capisco i ricorsi: è come se andassi a vedere uno spettacolo dove mancano le star i cui nomi comparivano sulle locandine. Berlusconi doveva salvare la faccia e, da esperto comunicatore qual è, ha puntato sull’affetto dei tifosi nei confronti della maglia.

@danieleciacci

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