Nomine Ue. Vincono Francia e Germania, perdono l’Italia e l’Europa intera

A capo della Commissione europea andrà Ursula von der Leyen, «delfina della Merkel» e campione delll'austerità. Alla Bce Christine Lagarde, che farà solo gli interessi di Parigi. Non perdono solo Salvini e Di Maio ma l'Europa tutta, come scrive Polito sul Corriere

La Brexit, la crisi della Grecia, la crescita dei populismi non hanno insegnato proprio niente all’Europa. Le nomine concordate ieri dai 28 capi di Stato e di governo dell’Ue per le posizioni chiave dell’Unione Europea sono una sonora sconfitta sia per Bruxelles sia per il governo italiano.

La merkeliana di ferro Ursula von der Leyen, unica politica a essere sempre stata presente in tutti gli esecutivi guidati dalla cancelliera tedesca, prenderà il posto di Jean-Claude Juncker alla guida della Commissione europea. Mentre la francese Christine Lagarde, già presidente del Fondo monetario internazionale, sostituirà Mario Draghi alla testa della Banca centrale europea.

LA DELFINA DELLA MERKEL PRO AUSTERITY

I giornali esultano perché finalmente ci sono «due donne al vertice dell’Europa», come titola stamattina il Corriere. Ma non basta essere di sesso femminile per risolvere la palese crisi di fiducia dei popoli europei verso la tecnocrazia di Bruxelles.

Come ricorda Federico Fubini sul Corriere, von der Leyen è

«la delfina della Merkel. È la donna tipica di una certa sensibilità tedesca: nel 2011 chiese che la Grecia cedesse le riserve d’oro e le quote delle sue imprese in garanzia per gli aiuti; da ministra del Lavoro ha sostenuto la deflazione dei salari; e da ministra della Difesa tiene da anni i bilanci ai minimi d’Europa, in proporzione al reddito, per aumentare i surplus».

È il campione insomma della tanto bistrattata austerità, che ha dimostrato negli ultimi anni di aver fallito e che con le ultime elezioni doveva essere rimpiazzata da una maggiore attenzione alla solidarietà. È anche il simbolo dell’egemonia tedesca, che tanti danni ha fatto all’Europa riducendo l’Unione al dominio dello Stato più forte.

LAGARDE FARÀ SOLO GLI INTERESSI DI PARIGI

L’Ue è stata però salvata dagli interventi di Draghi alla Bce, che con il Quantitative Easing ha messo una pezza economica e finanziaria alle carenze politiche di Bruxelles. Ora al suo posto arriverà Lagarde che, nota ancora Fubini, «non è un’economista. Oggi sono tedeschi la leader della Commissione Ue, quelli della Banca europea degli investimenti, del fondo salvataggi Esm, del Consiglio di risoluzione bancaria, il segretario generale dell’Europarlamento e soprattutto quello della stessa Commissione: l’onnipresente e temuto Martin Selmayr. Non può restare con von der Leyen, sarebbe davvero troppa Germania. Ma per Selmayr è già pronta la soluzione: andrà alla Bce, per occuparsi dietro le quinte di tutto ciò che Lagarde non farà».

Se Draghi ha dimostrato di essere un governatore imparziale, lo stesso non si può presumere della Lagarde, che ha contribuito a strozzare Atene al tempo della crisi e che scriveva così all’allora presidente francese Nicolas Sarkozy: «Sono al tuo fianco per servire te e i tuoi progetti per la Francia», «usami per il tempo che serve a te, alla tua azione e al tuo casting», «se mi usi, ho bisogno di te come guida e come sostegno». Non male come garanzia di autonomia dai desiderata del nuovo presidente Emmanuel Macron.

LA FIGURACCIA DI GIUSEPPE CONTE

Viste le premesse, come fa il premier Giuseppe Conte, che si era vantato di aver bloccato il patto franco-tedesco che voleva il socialista Frans Timmermans alla guida della Commissione e che si ritrova ora con «l’accordo più franco-tedesco che ci sia» (ancora Fubini), a dire che è soddisfatto delle nomine «dopo aver visto il curriculum» (?) delle candidate. «Per prima volta una donna, un fatto storico; con un profilo che attesta equilibrio e sensibilità sociale. Ho avuto con lei un lungo e convincente colloquio telefonico», ha assicurato ieri il nostro presidente del Consiglio.

PERDE L’EUROPA INTERA

Ma le nomine di ieri non sono solo una sconfitta per il governo di Matteo Salvini e Luigi Di Maio, esclusi da ogni trattativa per essersi schierati con famiglie europee che non contano niente e non hanno potere decisionale. A perdere è tutta l’Unione Europea, come sottolineato nel suo editoriale sul Corriere da Antonio Polito:

«Il più grave dei problemi che affliggono l’Unione [e che le nomine di ieri aggravano] è l’assenza del criterio democratico tra i mille che sono stati presi in considerazione nella scelta dei vertici. Cinque anni fa, almeno, si era tentato di stabilire il principio che il candidato del partito con più voti nelle urne sarebbe stato nominato a capo della Commissione, per fare in modo che l’ircocervo europeo assomigliasse un po’ di più alle democrazie nazionali, nelle quali in linea di massima chi vince le elezioni governa. Ma stavolta i candidati alle elezioni sono stati addirittura respinti e la scelta è caduta su una ministra tedesca che non era nemmeno candidata. Si capisce la mezza sollevazione degli europarlamentari. In cambio è stato lasciato loro il diritto di eleggere un presidente dell’assemblea di loro scelta, purché socialista. Al posto del criterio democratico i governi ne hanno usati altri mille, il criterio del mercato politico, il criterio della forza degli Stati, con i Grandi che vincono sempre. Ma così è davvero difficile togliere dalla testa degli europei la cattiva idea che si sono fatti dell’Unione, anche al di là dei suoi effettivi demeriti. In questo sostanziale insuccesso generale, l’Italia perde di suo».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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