No Tav, «violenza comprovata»

Nella sentenza di condanna di 47 antagonisti si smonta la linea difensiva che aveva tentato di dare una patente etica alla lotta antagonista

Quella dei No Tav è una «violenza comprovata, non solo dalle testimonianze ma anche dai documenti filmati». Lo scrivono i giudici, nella sentenza depositata ieri, che hanno condannato, lo scorso 27 gennaio, 47 persone a 140 anni complessivi di carcere per gli scontri del 2011 al cantiere di Chiomonte.
«È provato con assoluta certezza – spiegano i giudici Quinto Bosio, Paolo Gallo ed Emanuela Ciabatti – che con il lancio di sassi, estintori, travi e altri oggetti contundenti i manifestanti si opposero violentemente alla legittima azione del personale di polizia». Un’azione perpetrata contro un’opera «la cui progettazione e realizzazione sono state specificamente volute dall’organo rappresentativo della sovranità popolare».

 LA DIFESA DELLA POLIZIA. Nelle motivazioni delle sentenza c’è, anche, una netta stroncatura della linea della difesa. Argomentazioni definite «imbarazzanti». Non si può riconoscere «una patente di particolare eticità a soggetti che, in nome di valori costituzionali, hanno mandato in ospedale 50 persone con lesioni di vario genere, anche gravi». In alcun caso, secondo il collegio giudicante, «in nessun caso la lotta politica, per quanto nobili siano i suoi fini, può essere condotta attraverso il sacrificio della vita o dell’incolumità individuale altrui».
Si definisce legittimo l’uso della forza da parte della polizia (compreso il lancio dei lacrimogeni), illegittime le violenze degli imputati. Violenze comprovate, come da sentenza.

Foto Ansa

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