Meno ospizi, più amore. Il welfare di Benedetto XVI per la bella vecchiaia

Con il suo elogio della terza età il Papa ha piazzato una bomba culturale e perciò politica nel cuore dell’Europa. «Chi fa spazio agli anziani fa spazio alla vita!»

Piccolo dizionario dei luoghi comuni contemporanei. I vecchi sono cattivi. Li conosciamo agli uffici postali, dove ci passano davanti imprecando. Hanno il potere e non lo mollano, se non crepando, ma non muoiono mai. I vecchi sono avari, come diceva Palazzeschi nelle Sorelle Materassi: «I soldi li hanno i vecchi». Logico che ci sia in giro un brutto clima per loro. La rottamazione di Renzi sfrutta idee nervose che sono nell’aria, e con esse riempie il suo palloncino colorato. Soprattutto i vecchi sono tanti, e tendono ad ammalarsi senza morire, riempiendoci di spese croniche e scatarranti. Viva l’eutanasia in politica come metafora di quella biologica…

C’è un’altra categoria di gente che conta niente: i giovani. I quali a sorpresa amano i nonni e detestano i padri e specialmente le coetanee delle madri. I ragazzi sono trattati come nullità non dai vecchi, ma dalla generazione di mezzo: che odia ragazzi e vecchi. Sale in groppa ai giovanotti e alle neolaureate per spazzare via i più anziani. Poi arriva Ratzinger. Boris è uno zar ortodosso. Ovvio che si sia commosso quando il Papa cattolico ha detto: «È bello essere anziani!». Alla malora. È stato il primo vecchio a parlar bene di questa età, a elogiare persino gli acciacchi e la vicinanza della morte come porta della vita vera. Propone una memoria autentica e perduta. Quando non c’era bisogno di patti tra generazioni, ma bastava la tavola della legge, per cui si onora il padre e la madre. E onorare è diverso, è qualcosa d’altro e persino di più rispetto all’amore.

Il Papa ha piazzato, lunedì 12 novembre, una bomba culturale e perciò politica nel cuore dell’Europa. Per lui è errore grave emarginare l’anziano: «Eppure spesso la società lo respinge, considerando gli anziani come non produttivi, inutili. Tante volte si sente la sofferenza di chi è emarginato, vive lontano dalla propria casa o è nella solitudine. Penso che si dovrebbe operare con maggiore impegno per fare in modo che gli anziani possano rimanere nelle proprie case. La sapienza di vita di cui siamo portatori è una grande ricchezza. La qualità di una società, vorrei dire di una civiltà, si giudica anche da come gli anziani sono trattati e dal posto loro riservato nel vivere comune. Chi fa spazio agli anziani fa spazio alla vita!». Ancora: «Il bisogno di aiuto è una condizione dell’anziano. Vorrei invitarvi a vedere anche in questo un dono del Signore, perché è una grazia essere sostenuti e accompagnati, sentire l’affetto degli altri! Questo è importante in ogni fase della vita: nessuno può vivere solo e senza aiuto; l’essere umano è relazionale. E in questa casa vedo, con piacere, che quanti aiutano e quanti sono aiutati formano un’unica famiglia, che ha come linfa vitale l’amore».

Traduco in politica. Dalla crisi, che è morale prima che economica, si esce con la gratuità. Essa si esprime nel modo con cui trattiamo i vecchi. Ed essi vanno aiutati a stare a casa loro con noi vicino! Questo capovolge il welfare basato sul finanziamento di ospizi dalle rette salate e fuori dai coglioni. Occorre sostenere le famiglie con gli anziani, non finanziare De Benedetti e i suoi residence per vecchi. Poi le famiglie sceglieranno come usare l’aiuto; in quale casa di cura accompagnare l’anziano non autosufficiente. Difendere i vecchi «fa spazio alla vita», aiuta la demografia. Se un anziano è lieto, se si coglie la sua profonda utilità, ecco che si mettono più volentieri al mondo i figli: perché possiamo sperare anche per loro una vita buona fino alla morte, e non la disperazione di essere gettati in una fossa.

@RenatoFarina

 

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