Melazzini: Più nudo, più vero

Pubblichiamo lo scritto di Mario Melazzini, medico e presidente di Aisla e presidente onorario del Club l'inguaribile voglia di vivere. Il presente testo compare sull'agenda 2012 del Club in apertura del mese di gennaio

A volte può succedere che una malattia che mortifica e limita il corpo, anche in maniera molto evidente, possa rappresentare una vera e propria medicina per chi deve forzatamente convivere con essa senza la possibilità di alternative.
La malattia, l’evento traumatico, non porta via le emozioni, i sentimenti, la possibilità di comprendere che l’“essere” conta di più del “fare”.
Attraverso un’adeguata assistenza si può evitare che lo scafandro in cui si trasforma il corpo di chi ha perso le proprie funzioni motorie imprigioni un’anima che nonostante tutto può e vuole continuare a volare.
È questo il  messaggio che una società che ambisca realmente ad essere a misura d’uomo deve raccogliere e recepire.
Un corpo malato, disabile non può diventare in nessun caso un fattore di isolamento, esclusione ed emarginazione dal mondo. È inaccettabile avallare l’idea che alcune condizioni di salute,di disabilità, rendano indegna la vita e trasformino il malato o la persona con disabilità in un peso sociale. Si tratta di un’offesa per tutti, ma in particolar modo per chi vive una condizione di malattia; questa idea, infatti, aumenta la solitudine dei malati, dei disabili e delle loro famiglie, introduce nelle persone più fragili il dubbio di poter essere vittima di un programmato disinteresse da parte della società.
Purtroppo, oggi, una certa corrente di pensiero ritiene che la vita in certe condizioni si trasformi in un accanimento ed in un calvario inutile, dimenticando che un’efficace presa in carico e il continuo sviluppo della tecnologia consentono anche a chi è stato colpito da patologie altamente invalidanti di continuare a guardare alla vita come ad un dono ricco di opportunità e di percorsi inesplorati prima della malattia.
A volte siamo così concentrati su noi stessi che non ci accorgiamo della bellezza delle persone e della cose che abbiamo intorno da anni, magari da sempre. Così, quando è la malattia a fermarti bruscamente, può accadere che la propria scala di valori cambi. E che ci si renda conto che  quelli che noi, fino a quel momento, consideravamo i più importanti invece non erano proprio così meritevoli dei  primi posti.
Il dolore e la sofferenza (fisica, psicologica), in quanto tali, non sono né buoni né desiderabili, ma non per questo sono senza significato. La domanda di senso di un’esistenza è strettamente correlata alla possibilità di esprimersi e, soprattutto, al fatto che ci sia o meno qualcuno a raccogliere i messaggi inviati. Non bisogna lasciare che siano la trascuratezza, l’abbandono e la solitudine a decretare una vita indegna di essere vissuta.
Può sembrare paradossale, ma un corpo nudo, spogliato della sua esuberanza, mortificato nella sua esteriorità fa brillare maggiormente l’anima, ovvero il luogo in cui sono presenti le chiavi che possono aprire, in qualunque momento, la via per completare nel modo migliore il proprio percorso di vita. Ed è questa la nostra “Inguaribile voglia di vivere”.

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