Mario Mauro: «Monti unica possibilità, ma non faccia lo schizzinoso»

L'eurodeputato è intervenuto in un incontro dove ha spiegato le ragioni del suo sostegno al premier: «C'è confusione ma, quando ci sono le elezioni è meglio parlare ed essere chiari»

Il governo Monti ha avuto la «forza di un’eccezione». E ha permesso all’Italia di recuperare la credibilità che, «nel contesto internazionale ed europeo, è tutto». Così ha parlato Mario Mauro, ieri, a Sesto San Giovanni (Milano) spiegando ad una folta platea di invitati le sue ragioni del sostegno a una candidatura di Monti, cui ha detto: «Non è tempo per fare gli schizzinosi». Il titolo dell’incontro era: “Popolari e per l’Italia, popolari e per l’Europa”. «È un momento di grande confusione – ha esordito Mauro – e nella confusione normalmente ai politici conviene stare zitti. Ma io credo che sia meglio parlare e, quando ci sono le elezioni, bisogna essere chiari».

PERCHE’ MONTI. «Il nostro è un paese bloccato – ha detto Mauro – perché per vent’anni si sono alternati al governo coalizioni incapaci di assumersi le proprie responsabilità, connotate da personalismi elevati o eccessi di ideologia e nessuno ha fatto le riforme di cui l’Italia ha bisogno». Prendiamo la scuola, per esempio: «Tutti si ricordano le riforme Berlinguer, Moratti, Fioroni e Gelmini; ma nessuno dice che nessuna è stata realizzata perché mancano i decreti attuativi». Ugualmente mancano una riforma della giustizia civile «che non faccia più scappare le imprese lombarde a Lugano perché da noi non c’è certezza sul diritto» e una riforma della pubblica amministrazione «che impedisca a chi governa di fare 800 miliardi di spesa pubblica, come fino ad ora hanno fatto i governi di ogni forma e colore».
Con l’esperienza del governo tecnico di Mario Monti, invece, «sono stati introdotti elementi di riforma strutturali che hanno dato una boccata d’ossigeno all’economia e lo spread è calato da oltre 500 punti base a 259». E quel che in Europa ci si aspetta dall’Italia: «La credibilità, nel contesto europeo e internazionale, è tutto: ci vuole molto a costruirla ma ci vuole un attimo a distruggerla».

SUDDITI DELLA GERMANIA. «Non credo a chi dice che c’è il rischio di diventare sudditi della Germania», ha proseguito Mauro. «È solo che non voglio ottenere voti facendo leva sull’istinto più basso della gente, addossando le colpe agli altri, quando, invece, non si è stati in grado di farsi carico dei problemi assumendosi le proprie responsabilità». Oltretutto, «la Germania esporta prodotti per 50 miliardi di euro ai cinesi, 54 a Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna e 58 all’Italia: non vedo che interessi potrebbe avere a far regredire la nostra economia». Rappresentare «un’Europa dove l’Italia è fatta oggetto di dispetti è fuori dalla realtà».

PERCHE’ NON BERLUSCONI. A preoccupare Mario Mauro è piuttosto chi, «quando Monti è stato invitato a spiegare la crisi alla famiglia del Partito popolare europeo, ha deciso di far cadere il governo con un discorso in aula, anzi con un comunicato stampa»; e chi «è capace di dire, nell’arco di una trasmissione, tutto e il contrario di tutto: che siamo i più grandi europeisti, salvo poi ventilare l’ipotesi di un’uscita dall’euro; di stare con la Germania della Merkel, salvo poi dichiararle guerra; di volere Monti presidente del consiglio, salvo poi allearsi con la Lega». Perché, ha messo in guardia gli ascoltatori Mauro, «bisogna stare attenti: i popolari e i populisti hanno gli stessi elettori ma idee diverse».

RESPONSABILITA’. Certo, fino a che Monti non si pronuncerà, «è prematuro parlare di soluzioni politiche». Grande coalizione? «Non lo so, sarà l’esito delle elezioni a stabilirlo». Di certo ieri Mauro ha però voluto offrire un «aiuto al giudizio». Ed è stato chiaro: «Il problema non è che Berlusconi faccia un passo indietro; il problema è che finora c’è stata una generazione di politici che, anziché fare un passo avanti per affrontare i problemi si è inginocchiata». Loro portano sulle spalle «la responsabilità della situazione in cui versano i nostri giovani» e il Paese. E Mauro, queste cose, si è permesso di «dirle al mio partito». E ha detto anche di «guardare non al Monti “tecnocrate” ma a Monti come un’opportunità», perché «ha gettato le basi per un progetto politico lungimirante», che è quello di cui l’Italia ha davvero bisogno. E ha aggiunto: «Voglio dargli una mano e gliela darò». Ma nemmeno gli ha risparmiato una stoccata diretta dicendogli che «non è il tempo di fare gli schizzinosi», bisogna «accettare il rischio di una sfida», le «condizioni ci sono e saremo costretti, nel giro di pochi giorni a prendere decisioni importanti». Questo ha voluto dire perché «non sono più disposto a far perdere tempo alla gente e al Paese».

LA SINISTRA E LA LEGA. Finora gli unici che hanno preso una posizione chiara sulla eventuale discesa in campo di Monti «sono stati i comunisti». «D’Alema ha detto in un’intervista che è “moralmente discutibile” che Monti voglia candidarsi. Meglio, ci ha tolto due dubbi», ha ironizzato Mauro. «Perchè, primo, se è “moralmente discutibile”, Monti allora è sicuramente di centrodestra; secondo, significa che l’ipotesi di una sua candidatura è credibile, perché a sinistra hanno paura». E ha aggiunto: «finora non hanno saputo fare altro che rinnovare la presenza nel tempo della loro nomenclatura»e in Europa i socialisti hanno dimostrato di non sapere gestire la crisi «costringendo, in Francia, con l’innalzamento delle tasse, 20 mila cittadini a emigrare verso il Belgio che, oltretutto, è uno dei paesi con il più aspro regime fiscale». Sulla Lega è intervenuto, invece, Gabriele Albertini dicendo che «chi propone di uscire dall’euro non si rende conto del baratro in cui precipiteremmo: con la lira non avremmo nemmeno i capitali per comprare il carburante per le nostre centrali elettriche».

“LOMBARDIA CIVICA”. L’ex sindaco di Milano ha ringraziato Mauro per avere espresso «concetti profondi e chiari e al tempo stesso non contraddittori». Poi ha riferito ai presenti i numeri di un sondaggio, finanziato a sue spese, che vede la lista con la quale si candiderà alla regione (Lombardia Civica) al 17 per cento se corre da sola e al 25 per cento con i voti dei centristi, dei montiani del Pdl e di Italia Futura. Una base di partenza che gli permetterebbe di competere con gli «antagonisti» Ambrosoli e Maroni. Oltretutto, secondo Albertini, mentre il candidato Pd può fare affidamento su un voto di protesta e il leghista su uno di appartenenza, quindi su bacini elettorali già definiti, la sua lista, godendo di simpatie trasversali agli schieramenti, sarebbe in grado di attrarre voti sia dal Pd sia dai delusi del Pdl che stanno guardando a Grillo o che, in alternativa, si asterrebbero.

@rigaz1

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