Il made in Italy si fa all’estero. L’allarme Coldiretti: «In mani straniere marchi italiani per dieci miliardi di euro»

L'organizzazione degli imprenditori agricoli denuncia la situazione dell'industria agroalimentare: «Il prossimo passo sarà la chiusura degli stabilimenti per trasferire la produzione all'estero»

Il made in Italy parla straniero. Sembrerà una contraddizione ma questa è la disarmante fotografia scattata da Coldiretti, che attraverso uno studio presentato all’assemblea nazionale, ha reso noto come il meglio della produzione italiana (per un fatturato di almeno 10 miliardi di euro) sia finito oltre i confini nazionali. Fiorucci, Parmalat, Orzo bimbo, spumanti Gancia, Star sono solo alcune delle aziende che, per far fronte alla crisi, hanno dovuto cedere alle sirene degli investitori stranieri.

CHIANTI A HONG KONG. L’ultima in ordine di tempo è l’azienda Scotti, storica produttrice di riso, che ha ceduto il 25 per cento al colosso industriale spagnolo Ebro Foods, mentre un imprenditore di Hong Kong ha acquistato per la prima volta un’azienda vitivinicola agricola nel Chianti.
L’assemblea nazionale Coldiretti si è svolta all’ombra di un allestimento che parla da solo, uno scaffale “del Made in Italy che non c’è più”. Appoggiati sulle mensole ci sono tutti i prodotti agroalimentari che negli anni hanno perso la loro “italianità”. Il presidente di Coldiretti Sergio Marini ha spiegato che «i grandi gruppi multinazionali che fuggono dall’Italia della chimica e della meccanica investono invece nell’agroalimentare nazionale perché, nonostante il crollo storico dei consumi interni, quest’ultimo fa segnare il record nelle esportazioni grazie all’immagine conquistata con i primati nella sicurezza, nella tipicità e nella qualità».

ADDIO ITALIA. Purtroppo, però, «il passaggio di proprietà ha spesso significato svuotamento finanziario delle società acquisite, delocalizzazione della produzione, chiusura di stabilimenti e perdita di occupazione. Si è iniziato con l’importare materie prime dall’estero per produrre prodotti tricolori. Poi si è passati ad acquisire direttamente marchi storici e il prossimo passo è la chiusura degli stabilimenti italiani per trasferirli all’estero. Un processo di fronte al quale occorre accelerare nella costruzione di una filiera agricola tutta italiana che veda direttamente protagonisti gli agricoltori per garantire quel legame con il territorio che ha consentito ai grandi marchi di raggiungere traguardi prestigiosi», ha concluso Marini.
Nel corso dell’assemblea è però emerso almeno un dato confortante: secondo un sondaggio effettuato da Coldiretti più di otto italiani su dieci (circa l’82 per cento) cercano di riempire il carrello della spesa con prodotti italiani al cento per cento. Almeno finché ce ne saranno.

@paoladant

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