Ormai Macron non ne azzecca più una

Oltre le accuse di Amato su Ustica. Rassegna ragionata dal web sui fallimenti del presidente francese in patria ("resta un leader che guarda le cose dall’alto in basso") e all'estero (addio Françafrique)

Il presidente francese Emmanuel Macron (foto Ansa)

Sul Post si scrive: «Tutte queste iniziative erano state interpretate soprattutto come grandi operazioni di comunicazione pensate dal presidente per modificare la percezione di sé nell’opinione pubblica e non avevano avuto, di fatto, né un grande impatto né conseguenze significative. Macron, ha scritto il New York Times, è rimasto “un leader che guarda le cose dall’alto in basso, uno che ascolta prima di decidere ma che difficilmente considera il compromesso”. Quell’immagine di uomo delle élite e lontano dal popolo che aveva fin dall’inizio, insomma, “gli è rimasta attaccata, nonostante i tentativi di seppellirla”».

Emanuel Macron sempre più in affanno ha cercato di dialogare con l’opposizione di destra e di sinistra, per rimediare alla propria scarsa sintonia con la società francese. Secondo il Post questa scelta ha funzionato poco. Di fatto è fallito il suo tentativo di svuotare la politica nazionale (non c’è più la destra né la sinistra) e sostituirla con un approccio juppieteresco-tecnocratico.

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Su Huffington Post Italia Linda Varlese scrive: «L’ultimo in ordine di tempo è il divieto in Francia delle sigarette elettroniche usa e getta nell’ambito del piano nazionale di lotta al fumo. Lo ha detto la prima ministra Élisabeth Borne all’emittente Rtl, aggiungendo che il governo “presenterà presto un nuovo piano nazionale per la lotta al fumo con, in particolare, il divieto delle sigarette elettroniche usa e getta, le ‘puff’ che danno cattive abitudini ai giovani”».

Anche la scelta dei mille provvedimenti (contro le sigarette elettroniche per compiacere gli ecologisti, contro l’abaya a scuola per corteggiare gli ambienti più antislamici) non porterà lontano monsieur le président.

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Dagospia riprende un articolo di Fausto Biloslavo sul Giornale: «Quello in Gabon è il decimo colpo di stato africano dal 2019. Un’epidemia di golpe che ha fatto a pezzi la “Françafrique”, l’area francofona, a cominciare dalla cintura del Sahel. Ben sei paesi sono finiti nella mani dei militari da una parte all’altra del continente, collegando l’Oceano atlantico al Mar Rosso. Spesso gli ufficiali che hanno preso il potere fanno parte di un’élite che si è formata all’estero, anche negli Usa, e ha deposto i presidenti civili chiamati a proteggere fino alla morte».

Decisivo nel decretare il fallimento della Parigi tecnocratica è innanzi tutto la politica estera con la clamorosa perdita d’influenza in Africa.

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Affari italiani riprende un lancio dell’Agenzia Vista: «”Ho letto che avevo ritrattato. Che cosa ho ritrattato? La verità su Ustica? Ma io non ho mai detto che stavo dando la verità su Ustica”, le parole di Giuliano Amato nel corso di una conferenza stampa all’Associazione della Stampa Estera in Italia».

Perché una persona così accorta come Giuliano Amato si è esposta alla serie di figuracce e insulti (soprattutto da parte di antichi socialisti) che hanno accompagnato la sua intervista a Repubblica su Ustica? In parte conta probabilmente l’età, in parte la sindrome – in una politica italiana ancora non stabilizzata – di voler stare a tutti i costi sulla ribalta: così i vari D’Alema, Casini, Alemanno e tanti altri. Amato però, come ricordava Bettino Craxi, è essenzialmente un “professionista a contratto” che non fa mai scelte al fondo gratuite. In questo senso non va scordato il suo legame storico con il mondo Fiat, da sempre legato all’anglosfera e insieme amico della Francia. La nascita di Stellantis in parte ha squilibrato i rapporti torinesi, facendo contare più Parigi di Washington: da qui la necessità (soprattutto considerando i fallimenti macroniani) di una correzione delle relazioni internazionali. Qualche forse eccessivamente maligno osservatore di vicende internazionali in questo senso pare non essersi stupito dell’intervento sui destini dell’Europa da parte di Mario Draghi (il miglior amico degli Stati Uniti in Europa) sull’elkanniano Economist.

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