L’infortunio di Milito, da commercialista a principe del gol

Voleva fare il commercialista ma è diventato un grandissimo bomber. Ha piegato il Real con quattro gol in una partita. Ha riportato il Genoa in Europa e la Champions in casa Inter. Ora rischia di dire addio al calcio giocato

Lesione del crociato anteriore e del collaterale esterno con interessamento della capsula del ginocchio sinistro. Questo l’esito degli esami, nella fattispecie la risonanza, che sono arrivati dall’ospedale di Pavia dove Diego Milito si era recato per gli accertamenti dopo l’ennesimo infortunio. Forse l’ultimo. È il settimo minuto della gare valida per l’Europa League tra Inter e Cluj. Il numero 22 dei nerazzurri corre verso un difensore rumeno per cercare di rubargli il possesso. Allunga la gamba sinistra che quando tocca terra si impianta nel terreno di gioco provocando un movimento innaturale del ginocchio. La gara si ferma subito, si è già capita la gravità. Guarin alza le braccia, Cassano si volta di spalle, Stramaccioni scuote la testa. Diego piange.

Il Principe di Bernal. Diego Alberto Milito, classe 1979, nato a Bernal, in Argentina. Per tutti è il Principe, soprannome che si è guadagnato in patria per la sua somiglianza con Enzo Francescoli, attaccante uruguaiano anch’egli soprannominato così. Era appena tornato da un infortunio ed era andato subito in rete, perché è quello che sa fare lui, segnare. In tutti i modi, con ogni squadra, in ogni città. E adesso si è fermato ancora, almeno fino al termine della stagione. Dopo non si sa, l’infortunio è grave, Milito a 34 anni non è certo giovanissimo e già la settimana scorsa si era parlato del suo contratto, con l’Inter poco intenzionata a rinnovarglielo visto l’elevato ingaggio. E se così fosse le ipotesi sarebbero due: finirla con il calcio giocato o chiudere la carriera in Argentina, dove aveva cominciato all’età di vent’anni. Non giovanissimo, ma lui all’inizio non voleva fare il calciatore, voleva diventare commercialista e per questo si era iscritto anche all’università. Il campo l’ha strappato da una carriera certamente più tranquilla, in giacca e cravatta, ma la precisione e la puntualità con segna sono degne di un buon commercialista.

La prima avventura italiana arriva dopo un inizio di carriera folgorante nel Racing Avellaneda. A scoprirlo è quella vecchia volpe di Enrico Preziosi che lo porta nella Genova rossoblù per cercare di riportare i Grifoni in Serie A. Arriva a gennaio e in poco più di 20 partite mette a segno 12 reti. L’anno dopo è quello buono: 39 gare, 21 gol e il Genoa raggiunge la promozione. Missione compiuta. Peccato che tutto venga annullato dalla giustizia sportiva: il Genoa, accusato di avere comprato il risultato di una partita, viene retrocesso in serie C. Dal paradiso all’inferno, ma Milito ormai ha attirato su di sé gli occhi delle squadre di serie A. Non quelle italiane naturalmente, che se lo lasciano sfuggire. Va in Spagna, al Real Saragozza. Tre stagioni ad altissimo livello, condite da un centinaio di gare e 61 gol. Tra questi, i quattro che Diego mette a segno contro il Real Madrid in Coppa del Re. Tutti in una sola gara, due di destro, due di testa. 
Nel 2008 Preziosi lo riporta in Italia all’ultimo secondo utile della campagna acquisti estiva, grazie al lancio del suo contratto nella stanza ormai chiusa dove si registrano gli affari fatti. La prima gara che Milito gioca è contro il Milan. Dietro le spalle il numero che lo ha sempre accompagnato: il 22. Il Genoa vince, Milito segna e questo è solo l’inizio di una stagione incredibile per lui e la sua squadra. Il Genoa di Gasperini gioca il miglior calcio del campionato, Milito segna a ripetizione. Il derby d’andata con la Sampdoria lo decide con un colpo di testa micidiale, al ritorno, per essere tranquilli, la butta dentro tre volte (foto a destra) entrando nella storia del Genoa, e nel cuore dei tifosi. È l’idolo della gradinata sud che per lui inventa cori, canzoni, striscioni. È un Genoa stellare, con Thiago Motta a centrocampo che costruisce il gioco e sforna assist. Il Genoa arriva quarto a pari punti con la Fiorentina, ma per i rossoblù è solo Europa League. Ma Milito non ci sarà. Per lui arriva l’offerta della vita, quella dell’Inter di Mourinho. Quella che lo farà entrare nella storia del calcio, e in quella del club di Moratti.

Il triplete. Stagione 2009/2010, 32 gare in campionato 22 gol; in totale quell’anno sono 50 gare e 30 gol. Di cui quattro fondamentali. Il 5 maggio stende la Roma in finale di Coppa Italia. Il 16 piega il Siena con un gol che vuol dire scudetto. Il 22 maggio, con una doppietta riporta la Champions League a casa Inter dopo un’attesa di quarantacinque anni (sotto, l’esultanza dopo una delle due reti contro il Bayern Monaco). Uno così determinante, almeno fino a quel momento, avrebbe dovuto vincere il Pallone d’Oro. La giuria crede invece che non si meriti nemmeno il podio. Da quel momento, a causa di una lunga serie di infortuni, Milito non riuscirà più a esprimersi a quei livelli. La stagione dopo il triplette va a segno solo 5 volte. Sembra finito. Ma il principe non si arrende, si rimette in piedi e dimostra ancora una volta a tutti chi è. Stagione 2011/2012, 33 gare di campionato, 24 gol: se è possibile, ancora meglio del primo anno. 

L’ultimo anno in Serie A? Stagione 2012/2013. È la boa dell’attacco nerazzuro, quello che deve sfruttare la fantasia di Cassano e la velocità del connazionale Palacio. Tra qualche infortunio che lo tiene lontano dai campi riesce a buttarla dentro 9 volte, compresi quei due gol con cui l’Inter è riuscita a violare lo Juventus Stadium e a fermare una striscia senza sconfitte che gli juventini conservavano da oltre un anno. A dicembre un problemino alla coscia rallenta la marcia dell’Inter, fino a domenica scorsa, quando, tornato in campo dal primo minuto, ha ricominciato a fare la differenza, come sempre. Scatti, possesso palla, passaggi, pressing, sacrificio, e naturalmente gol. Poi quel maledettissimo settimo minuto di Inter-Cluj, quel maledettissimo crak che lo ha steso, costretto a uscire dal rettangolo di gioco in barella, con le lacrime agli occhi, consapevole che questa volta la sfortuna gli ha giocato un brutto scherzo. «Il rapporto e i sentimenti vengono prima. Ci sono rimasto male. La vita va avanti e noi gli staremo vicini. È un ragazzo straordinario, un campione vero», dice Stramaccioni riguardando le immagini dell’infortunio che gli ha strappato il miglior attaccante che aveva in rosa, uno degli ultimi uomini del triplette, un uomo spogliatoio, un amico di tanti, un esempio per i giovani, un idolo per i tifosi. Per tutti, Diego Alberto el Principe Milito.

 

Exit mobile version