Niente club Lgbtq alla Yeshiva Univeristy, la libertà religiosa viene prima

La giudice (liberal) Sotomayor difende la scelta dell'ateneo ebraico e boccia la sentenza che obbligava l'Università a riconoscere l'associazione

La Yeshiva University, la più importante istituzione accademica ebraica ortodossa moderna di New York, non dovrà applicare la sentenza di una Corte dello Stato che le imponeva di riconoscere ufficialmente come uno dei suoi club studenteschi la Yeshiva University Pride Alliance, un gruppo informale di studenti Lgbtq. Lo ha disposto la giudice della Corte Suprema Sonya Sotomayor, che ha congelato l’ingiunzione con cui nel giugno scorso il giudice Lynn Kotler dello stato di New York aveva imposto all’università ebraica di riconoscere il club Lgbtq se non voleva ricadere sotto i fulmini della New York City Human Rights Law, che vieta ogni forma di discriminazione, comprese quelle sulla base dell’orientamento sessuale, nei luoghi pubblici.

I valori della Torah e il club lgbtq

La legge prevede in realtà esenzioni per gli enti religiosi – un ente religioso può rifiutarsi di assumere, alloggiare, fornire servizi, ecc. a soggetti ed entità che contraddicono le sue convinzioni basate sulla fede religiosa –, ma il giudice Kotler della Corte suprema di Manhattan aveva eccepito che l’università non risultava registrata come ente religioso, ma come istituzione educativa. Interpretazione piuttosto creativa, quando si considera che l’ebraismo pervade l’intero curriculum dell’università e la vita quotidiana degli studenti. L’ateneo incoraggia gli iscritti a frequentare un programma di intensi studi religiosi in Israele (cosa che avviene da parte dell’80 per cento di essi) ed esige dagli studenti maschi che dedichino da una a sei ore al giorno allo studio della Torah; tutte le porte del campus sono obbligatoriamente decorate con una mezuzah, che è una pergamena contenente passi della Torah.

Dopo che in agosto Corti superiori dello stato di New York si erano rifiutate di sospendere l’ingiunzione del giudice Kotler come chiedeva la Yeshiva University, l’ateneo aveva inoltrato un ricorso alla Corte Suprema protestando che le disposizioni del giudice violavano il primo emendamento della Costituzione americana, quello che protegge la libertà di religione. «In quanto università ebraica profondamente religiosa», si leggeva nel ricorso, «la Yeshiva non può rispettare tale ordine perché ciò violerebbe le sue sincere convinzioni religiose su come formare i suoi studenti universitari ai valori della Torah».

La Yeshiva, gli Lgbtq e il Primo emendamento

Nelle more della sentenza della Corte Suprema, l’università non avrebbe avuto alternativa fra l’agire contro le proprie convinzioni o violare l’ingiunzione del tribunale, perché lunedì 12 settembre sarebbe scaduto il termine massimo dell’iter burocratico previsto per la registrazione ufficiale del club, – la vertenza va avanti dal 2009 – se il 9 settembre non fosse intervenuto l’ordine di sospensione della giudice Sotomayor, secondo una procedura comune negli Stati Uniti. A ogni giudice della Corte Suprema sono affidati compiti di sorveglianza sulle decisioni di Corti di livello inferiore raggruppate per gruppi di stati, che comprendono la possibilità di intervenire con sospensive quando la Corte Suprema nella sua interezza non si è ancora espressa su un ricorso. La giudice Sotomayor ha applicato questa procedura, stabilendo che l’ingiunzione del giudice Kotler rimarrà sospesa fino a nuovo ordine da parte sua o dell’intera Corte Suprema.

L’università ebraica è rappresentata in sede legale dalla Becket Fund for Religious Liberty, un gruppo legale specializzato in questo genere di casi. Eric Baxter, vice presidente del Becket Fund e capo del team di avvocati che ha seguito la causa, ha commentato causticamente la sentenza: «La Yeshiva non avrebbe dovuto essere costretta ad arrivare fino alla Corte Suprema per ottenere una sentenza di buonsenso in favore dei suoi diritti basati sul Primo emendamento».

Un caso che riguarda tutte le istituzioni educative religiose

Pareri legali sul caso sono stati o saranno consegnati alle varie Corti da parte di una serie di organizzazioni che hanno voluto prendere le difese della Yeshiva University. Fra esse l’arcidiocesi cattolica di New York, la Conferenza episcopale cattolica degli Stati Uniti, la Chiesa dei Mormoni e il Consiglio dei College e delle Università Cristiane. In uno di questi pareri legali l’avvocato Jonathan Berry afferma che il caso della Yeshiva riguarda tutte le istituzioni educative religiose e la loro libertà di «vivere la propria fede e realizzare la propria missione libere dall’interferenza dello Stato», in presenza della quale «le istituzioni religiose potrebbero presto essere costrette ad affrontare la stessa impossibile scelta della Yeshiva University: abbandonare la propria fede o rischiare l’oltraggio o altre penalità legali».

Sotomayor è un giudice liberal della Corte Suprema

Il riconoscimento ufficiale di un club studentesco universitario negli Usa implica il finanziamento delle sue iniziative, compresi compensi in denaro per i relatori invitati a parlare dal club, e la disponibilità da parte dello stesso degli indirizzi di posta elettronica di tutti gli studenti iscritti all’università.

Molti commenti sull’intervento della giudice Sotomayor nella vicenda della Yeshiva University hanno richiamato l’attenzione sul fatto che da quando la Corte Suprema vede una maggioranza di giudici conservatori nella proporzione di 6 a 3, le decisioni su questioni che comportano una contrapposizione fra la libertà religiosa ed altri interessi risultano quasi sempre in favore della prima. In realtà Sonya Sotomayor è uno dei 3 giudici di riconosciuta tendenza liberal che fanno parte attualmente della Corte Suprema.

Foto Ansa

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