L’Eta vuole presentarsi alle elezioni e scompagina la politica spagnola

Da quattro giorni l'Eta ha annunciato la fine della lotta armata, due le richieste: concentrare i detenuti etarra nelle prigioni basche e permettere a partiti legati all'Eta di presentarsi alle elezioni. Zapatero non vede l'ora di esaudire queste richieste ma il suo stesso partito è più cauto. Anche il Pp è diviso al suo interno

Quattro giorni dopo l’annuncio della cessazione definitiva della lotta armata da parte dell’Eta, l’organizzazione terrorista basca che ha causato 829 morti in 43 anni di attività, il panorama politico spagnolo è già sconvolto dagli effetti a catena che l’iniziativa degli indipendentisti in armi ha causato. Divisioni si sono prodotte sia nel Partito socialista (Psoe) che nel Partito popolare (Pp), e la polarizzazione politica si è accentuata nel Paese Basco. Alfredo Perez Rubalcaba, candidato socialista ed ex ministro degli Interni, successore di Zapatero alla guida del Psoe, si oppone all’intenzione di quest’ultimo di esaudire immediatamente due delle richieste dell’Eta, che hanno pure l’appoggio del leader del Partito nazionale basco (Pnv) Iñigo Urkullu: concentrare negli istituti di pena baschi i detenuti etarra che adesso sono sparsi su tutto il territorio nazionale e derogare all’attuale legge sui partiti per permettere anche a formazioni vincolate all’Eta di presentarsi alle elezioni politiche.

Rubalcaba è contrario a derogare alla legge sui partiti e per quanto riguarda l’avvicinamento penitenziario dichiara che decisioni di questa portata vanno prese eventualmente dopo le elezioni del 20 novembre e non prima. Opposte le esigenze politiche di Urkullu e Zapatero: il primo vuole potersi presentare con qualche merito davanti agli elettori nazionalisti baschi, che nel maggio scorso hanno votato gli indipendentisti di Bildu, riconducibili all’insieme Eta-Batasuna, portandoli a soli cinque punti di distacco dal Pnv e consegnando loro l’amministrazione di 123 comuni, fra i quali quello di San Sebastian; il secondo vuole passare alla storia come l’uomo politico spagnolo che ha ottenuto la fine della lotta armata da parte dell’Eta, e teme che senza l’attuazione delle concessioni che ha segretamente negoziato con loro i terroristi potrebbero rimangiarsi prima del 20 novembre la dichiarazione di cessazione definitiva.

Anche dentro al Pp i distinguo sono all’ordine del giorno. Mentre il candidato premier Mariano Rajoy mostra prudenza e cauto ottimismo, commenta l’annuncio dell’Eta come «una buona notizia» e «un grande passo», sottolinea che «è stata la fortezza dello Stato di diritto a sconfiggere l’Eta» e si dice certo che «non ci sono state concessioni», Jaime Mayor Oreja, ex ministro degli Interni del governo di Josè Maria Aznar, dà voce all’anima del partito che nell’ultima mossa dell’Eta vede tutt’altro che una buona notizia. Per Oreja c’è stato un negoziato segreto fra Zapatero e i terroristi (ufficialmente i contatti erano stati interrotti dopo l’attentato all’aeroporto di Barajas nel dicembre 2006) e ci sono state concessioni. Una è stata la conferenza di pace di San Sebastian, che ha “internazionalizzato” la questione basca. «Il Governo», ha detto Oreja, che parteciperà a titolo personale il 29 ottobre a una manifestazione di protesta delle vittime dell’Eta che sarà invece disertata da Rajoy, «non doveva ricevere alcun premio, perché ad avere un debito era l’Eta. Doveva fare quello che ha fatto già da tempo. Il governo le ha ragalato molto e molto attende dalle prossime elezioni. Il risultato sarà l’elemento determinante». Nemmeno un falco come Mayor Oreja può permettersi di dire apertamente quello che lui e molti altri pensano. Che cioè le sue concessioni il governo Zapatero le ha materializzate attraverso la sentenza del Tribunale costituzionale che nel maggio scorso ha rovesciato una precedente sentenza del Tribunale supremo e ha permesso a Bildu, formazione di fatto collegata all’Eta, di presentarsi alle elezioni municipali basche e di raccogliere un risultato lusinghiero. La rinuncia del governo e della Procura generale dello Stato a fare ricorso contro la presentazione alle elezioni della coalizione della sinistra nazionalista basca Amaiur, che ingloba Bildu ed è riconducibile all’insieme Eta-Batasuna, è un’ulteriore concessione di Zapatero ai terroristi.

In interviste radiofoniche Oreja ha spiegato che le temibili conseguenze politiche del processo che si è messo in moto sono quelle dello “schema Kosovo”: nel giro di pochi anni la Spagna si troverà davanti a un parlamento regionale basco che voterà una mozione per l’indipendenza della regione o lo svolgimento di un referendum volto a tale fine. Effettivamente nella giornata di ieri Urkullu, che ha disertato le celebrazioni per i 33 anni dello statuto di autonomia dei Paesi Baschi indette dal governatore socialista Patxi Lopez (che guida una coalizione Psoe-Pp in terra basca), ha dichiarato che «nel 2015, al termine della prossima legislatura, nel parlamento spagnolo si validerà un nuovo accordo costituente per la nuova Euskadi nella pace e nella libertà». Gli esempi del passato a cui guardare per questo progetto? La Croazia e l’Estonia. A buon intenditor…

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