Le madri di Gerusalemme. E la vita che inizia ogni mattina anche qui

Vedi le madri di Gerusalemme che nell’imbrunire spingono sicure i passeggini, la borsa della spesa e il bambino sul seggiolino che scalcia e ride, e capisci

Gerusalemme, novembre. Nel cielo limpido del tramonto si staglia il profilo millenario della porta di Jaffa e delle Mura. La Città vecchia stasera è silenziosa: pochi turisti, e i commercianti seduti immobili davanti alle loro botteghe vuote. C’è una quiete strana, a pochi giorni dall’attentato nella sinagoga di Har Nof. La strage compiuta a colpi d’ascia nell’ora della preghiera del mattino ha segnato Gerusalemme, pure da tanto martoriata. Le camionette della polizia e dell’esercito percorrono ogni due minuti il perimetro interno delle Mura, lampeggiando con le loro luci intermittenti azzurrine.

A Gerusalemme Est invece c’è il traffico dell’ora di punta, e la gente che si affretta verso casa, come in ogni città. Ogni volta che passa un’ambulanza con la sirena accesa i passanti si bloccano, e la seguono con lo sguardo, inquieti, finché non è scomparsa. Pensi: potrebbe accadere di nuovo, e osservi le facce di chi ti viene incontro, e eviti la ressa dei grandi magazzini.

Ma poi vedi le madri di Gerusalemme che nell’imbrunire spingono svelte e sicure i passeggini, la borsa della spesa al braccio e il bambino sul seggiolino che scalcia e ride, e capisci: la vita è comunque molto più forte della morte. La vita ordina ogni mattina, imperativa come un generale alle sue truppe, che si viva.

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