Lavorare di più (gratis) per salvare l’azienda? Sì dei dipendenti alla proposta di Cobec: sindacati scaricati

La catena di supermercati di Sassari propone "accordi di prossimità" ai 340 dipendenti: otto ore aggiuntive non pagate. Proposta accettata nonostante Uil e Cgil

Otto ore di lavoro in più gratis la settimana per provare a salvare l’azienda senza lasciare a casa nessuno. È la proposta che ha accettato, nonostante il parere contrario dei sindacati, la stragrande maggioranza dei 340 dipendenti di Cobec, la catena di ventuno supermercati che a Sassari, in Sardegna, opera in esclusiva con il marchio Sisa. Ad avanzarla con successo è stato l’amministratore unico Rinaldo Carta, che con questi «accordi di prossimità» vuole in pratica garantire l’orario continuato nei supermercati, niente chiusura per la pausa pranzo. Così «aumentiamo i servizi, estendiamo le ore di apertura, garantiamo i posti di lavoro e gli stessi stipendi», ha spiegato Carta ai giornali. «Ma chiediamo ai dipendenti un sacrificio di 8 ore settimanali non pagate. Più prestazioni, nessun licenziamento, stessi soldi». Cobec, secondo la stampa locale, starebbe soffrendo, oltre alle difficoltà legate alla crisi dei consumi, anche la concorrenza di altre catene presenti sul territorio.

SINDACATI CONTRO. Come riporta la Nuova Sardegna, «la stragrande maggioranza dei lavoratori Cobec ha fatto quadrato intorno alla proprietà, dando l’assenso al progetto di rilancio, compresa l’ora in beneficenza». Mentre la proposta è stata mal digerita dai sindacati locali, in particolare Uil e Cgil, perché «sottoscrivere l’accordo di prossimità proposto da Carta, per i sindacati significherebbe creare un precedente. Cioè avallare un peggioramento delle condizioni retributive rispetto al contratto nazionale».

«RISCHIO PER LA CONCORRENZA». Una conferma arriva dalle dichiarazioni di Sebastiano Crosa della Cgil: «Non abbiamo manifestato alcuna disponibilità a firmare questi contratti di prossimità. Siamo stati convocati da Carta, ci ha parlato di un momento di difficoltà ma abbiamo necessità di fare un’assemblea con i lavoratori prima di prendere qualsiasi decisione». Mentre per la Uil è stato  Giampiero Manai a spiegare che con gli accordi di prossimità «si creerebbe uno squilibrio nella concorrenza, e si innescherebbe un effetto domino. Cioè gli altri operatori del settore, come di fatto sta accadendo, chiederebbero di avere lo stesso trattamento, e questo snaturerebbe il contratto nazionale del lavoro».

FIDUCIA TOTALE ALLA PROPRIETÀ. Questa volta, però, i lavoratori hanno deciso di muoversi in totale autonomia dal sindacato e senza aspettare le assemblee. In 150 si sono riuniti davanti alla sede commerciale della Cobec per manifestare la loro sintonia con gli accordi di prossimità proposti dalla proprietà. «Abbiamo deciso di mostrare con orgoglio le nostre facce e siamo felici di farlo», scandiva la voce di una giovane dipendente raccolta dalla Nuova Sardegna. «Sentirci proporre la “solidarietà” applicata in altre aziende come l’unica strada percorribile – ha spiegato la donna – ci fa rabbrividire. Sembra ci sia la paura di innovare il mercato del lavoro con soluzioni alternative e oltretutto previste dalla legge». E se i sindacati non gradiscono, amen: «L’innovativo sistema al quale la stragrande maggioranza di noi ha aderito spontaneamente, consiste nell’estensione dei servizi da offrire ai cittadini: ampliare gli orari di apertura dei negozi, conquistare nuovi clienti, tutto qua. Riteniamo che questo genere di deroghe al contratto possano soltanto fare del bene alle aziende». Di più: «Possiamo solo augurarci che altre aziende prendano il nostro esempio e decidano di lavorare di più».

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