La svista filosofica di Hawking. Eppure anche gli atei possono ammettere Dio

Se Dio è un mago, può essere sostituito dal Big Bang. Ma se Dio è padre, dobbiamo farci qualche domanda

Oggi sul Foglio è stata pubblicata un’interessante intervista a Marco Bersanelli, docente di Astronomia e Astrofisica all’Università Statale di Milano. Lo spunto della conversazione è la morte di Stephen Hawking, il celebre astrofisico morto ieri. «Era un uomo colpito e interrogato dalle domande ultime – dice Bersanelli – forse pure tormentato da queste».

LA SVISTA. Hawking, come si può leggere in più o meno tutti i ritratti che appaiono oggi sui grandi quotidiani, era considerato un alfiere della “non esistenza di Dio”, laico a tutto tondo con pungenti affermazioni scientiste e battute sulla non razionalità della fede. Tuttavia, Bersanelli propone un’altra chiave di lettura: «Hawking nel corso degli anni ha variato la sua posizione in merito all’esistenza di Dio, ma le domande ultime le ha sentite eccome, almeno a giudicare da quanto frequentemente si sia fatto coinvolgere da questa sfida. (…) Il suo sguardo tendeva di continuo all’origine delle istanze decisive e in ciò colgo la dimensione inevitabilmente religiosa che c’è nel motore della sua ricerca».
A proposito delle sue posizioni anti-religiose, Bersanelli nota come «in Hawking come in altri scienziati, questa contrapposizione tra Dio, l’esistenza di Dio, il mistero ultimo da una parte e la lettura scientifica del mondo deriva da una svista filosofica. Cioè deriva sostanzialmente dall’aver ridotto Dio a una sorta di mago munito di bacchetta magica che con un colpo dà il via all’universo. È l’idea della creazione intesa unicamente come un istante iniziale che mette in moto questo grande meccanismo che poi procede con le leggi fisiche».

ANCHE ORA. È un’idea di Dio «facile da mettere in crisi», nota l’astrofisico italiano, ma è un’idea di Dio che non è quella della «tradizione giudaico-cristiana» secondo cui Dio «non è un meccanico che costruisce una macchina e poi esce di scena. Dio è padre e un padre non lo è soltanto nel momento del concepimento. È un rapporto che si distende nel tempo». Il problema, infatti, «è domandarsi da dove proviene l’esserci delle cose, da dove viene questo istante, da dove viene il mio io. Questo è l’essere creati: io non mi faccio da me. Ogni cosa, se dotata di coscienza dovrebbe domandarsi da dove proviene. La creazione non è relegata al Big Bang, la creazione avviene sempre, anche ora».
L’ATEA CHE AMMETTE I MIRACOLI. La “svista” di cui parla Bersanelli è il motivo per cui ancora oggi, spesso, fede e ragione siano continuamente contrapposte. Soprattutto fede e una ragione ridotta solo a ciò che può essere scientificamente dimostrato. È un discorso lungo e ampio, su cui papa Benedetto XVI (per dire di un gigante della ragione che sul tema ha pronunciato parole splendide) s’è interrogato più volte. Qui si vuole solo rimandare a un’intervista che Tempi fece a Jacalyn Duffin, medico ematologo e storica canadese, docente di medicina alla Queen’s University, atea, che ebbe un ruolo determinante nella canonizzazione del primo santo del Canada nel 1990: Marie-Marguerite d’Youville. Un’intervista tutta da rileggere e che trovate qui: «Così io, atea, ho costretto la Chiesa a riconoscere un miracolo». Intervista a Jacalyn Duffin, scienziata “eretica”.
Foto Ansa

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