La Lombardia che lavora

Lo speciale di Tempi in cui si racconta il "cuore" di una regione che ha fatto della cultura del lavoro un fattore di crescita, benessere e socialità diffusa

Nel numero di ottobre di Tempi è contenuto uno speciale dedicato alla “Lombardia che lavora”. Un inserto nel quale raccontiamo il “cuore” di una regione attraverso le interviste a tre imprenditori (Giuseppe Fontana di Fontana Gruppo, Giovanni Berutti di Spm, Fabio Biffi di Bicasa), l’assessore allo Sviluppo Economico di Regione Lombardia, Guido Guidesi, e il sociologo Aldo Bonomi.

Per leggere lo speciale è sufficiente cliccare su questo link.

Di seguito riportiamo l’editoriale che apre l’inserto.

Fare una sedia è fare una cattedrale 

Perché un lavoro deve essere ben fatto? Scriveva il poeta Charles Péguy che «un tempo gli operai non erano servi. Lavoravano. Coltivavano un onore, assoluto, come si addice a un onore. La gamba di una sedia doveva essere ben fatta. Era naturale, era inteso. Era un primato. Non occorreva che fosse ben fatta per il salario o in modo proporzionale al salario. Non doveva essere ben fatta per il padrone, né per gli intenditori, né per i clienti del padrone. Doveva essere ben fatta per sé, in sé, nella sua stessa natura». La gamba di una sedia doveva essere ben fatta «secondo lo stesso principio con cui costruivano le cattedrali. Non si trattava di essere visti o di non essere visti. Era il lavoro in sé che doveva essere ben fatto».

È lo stesso principio – a volte espresso, a volte solo sottointeso – che guida il “fare” lombardo. Esiste in questa regione una cultura del lavoro che fa quasi parte del dna dei suoi abitanti. Da anni si parla di “locomotiva d’Italia”, di “regione all’avanguardia”, di modello di efficienza e innovazione. Cosa c’è dietro questa verità documentata dai numeri? Un’amministrazione che ha fatto della sussidiarietà e del pragmatismo riformatore le sue stelle polari e, soprattutto, un popolo che, dal grande al piccolo imprenditore, ha fatto della cultura del lavoro un fattore di crescita, benessere e socialità diffusa.

È questa cultura che va oggi raccontata, spiegata e illustrata affinché non si cristallizzi in dottrine o formule consolatorie (che non resisterebbero all’urto delle ultime grandi crisi, dalla disoccupazione, alla pandemia, alla guerra, ai costi esorbitanti delle bollette), ma restituisca, attraverso la voce dei suoi protagonisti, quel “cuore” che è il reale motore della vivacità imprenditoriale lombarda.

Indagare le ragioni di questo “cuore” non significa edulcorare o cercare tranquillizzanti scappatoie per celare la durezza di una realtà che oggi si presenta con volto arcigno. Significa però non abbandonarsi all’infruttuoso lamento, ma trovare quel solido punto d’appoggio che permette, tutti i giorni, di ricominciare a costruire. La sedia e la cattedrale.

Exit mobile version