«La Colletta Alimentare non soccombe alla pandemia»

Il virus elimina carrelli e pettorine, ma non il senso di uno straordinario gesto di popolo. «Chiamate tutti, scrivete a tutti»: l’adunata di Giovanni Bruno, presidente Banco Alimentare

Mai come quest’anno l’essenziale dovrà pesare migliaia di tonnellate: segnate la data, 28 novembre e dintorni, perché la Colletta Alimentare si farà. Del resto già a marzo Giovanni Bruno, presidente della Fondazione Banco Alimentare onlus, aveva lanciato un chiarissimo appello alle istituzioni: «Non dimenticate ai margini i poveri perché nessuno di noi del Banco potrà partire con l’elmetto in testa per sfidare ordinanze a costo di sfamarli. Ma faremo tutto ciò che ci sarà possibile per continuare a dar da mangiare agli affamati». E così è stato: per otto mesi il Banco ha viaggiato in tutta Italia, affrontando ostacoli anche quando parevano insormontabili (ricordate, a marzo, quando non era permesso loro nemmeno lasciare i pacchi sulla linea di confine delle zone rosse?), facendo i salti mortali per non lasciare indietro nessuno, per non abdicare a un servizio pubblico essenziale, «e per le persone non è essenziale solo la consegna di 5, 10, 15 chili di cibo, essenziale è che qualcuno si ricordi di loro. Questo è anche fondamentale per la tenuta del tessuto sociale in una situazione di emergenza, e per sgravare chi arriva a portare aiuto là dove non arriva lo Stato: noi serviamo 8 mila strutture caritative, sono loro a rendere conto ai poveri, guardandoli in faccia, per questo abbiamo difeso fin dall’inizio la consegna di cibo come attività essenziale in ogni regione, comune, angolo d’Italia», dichiara Bruno a tempi.it.

E avete fatto i miracoli: qui si parla sempre di contagi ma tra le vittime della pandemia ci sono i nuovi poveri.
Vuole un bollettino? Nel 2019 aiutavamo 7.500 strutture, in otto mesi sono aumentate di 500 unità. Nel 2019 raggiungevamo 1 milione e mezzo di persone indigenti, oggi sono 2 milioni e centomila. In tutto il 2019 avevamo distribuito 55 mila tonnellate di cibo, a fine settembre 2020 erano già 76 mila; e se l’anno scorso avevamo totalizzato 550 viaggi dal nostro magazzino di Parma dove stocchiamo le eccedenze per tutta Italia, un mese fa ne contavamo già 585. 

E come avete sostenuto un lavoro del genere?
Abbiamo fatto appello all’industria agroalimentare, che ha risposto con enorme generosità: ognuno ha donato quello che poteva, chi cinque bancali di prodotti, chi due tir, chi si è speso attraverso vere e proprie donazioni. Non era importante cosa o quanto, ma perché: la pandemia in fondo ci ha messo tutti davanti alla stessa domanda, che non è mai, o meglio, non è solo un bisogno specifico. Per il Banco che conta 120 dipendenti e 1.800 volontari questo ha significato stravolgere il modo di lavorare: non siamo mai tornati al pre-Covid, dalla fine di febbraio ad oggi abbiamo lavorato ininterrottamente in smart working. Chiunque sa di cosa parlo e conosce ora il carico delle parole “distanza” e “presenza”, cosa perdiamo ritrovandoci sui dispositivi digitali. Quando però si ha a che fare con un mondo di volontari come il nostro, molti over 65 a cui è stato vietato, poi vivamente sconsigliato, di uscire di casa, il problema della presenza non è affatto secondario.

Quanto vi è costato?
Non so ancora quantificarlo. Nei magazzini e in tutte le 21 sedi dei Banchi abbiamo dovuto rimodulare le attività, recuperi, consegne, ingaggiare nuove persone che sostituissero i volontari persi, fare formazione, assumere nuovi dipendenti. Il che è sicuramente positivo, ma aggrava un bilancio già provato dalle spese per attrezzare gli spazi all’aperto, trovare coperture per lavorare in qualsiasi condizione metereologica, e sistemare quelli interni, equipaggiando il tutto di segnaletica, plexiglass, percorsi obbligati eccetera. 

Il governo vi ha aiutato economicamente?
Ci ha aiutato la Cei, 500 mila euro dai fondi dell’8xmille.

Ed eccoci alla sfida più difficile: ieri sera dal centro culturale di Milano lei, insieme al cardinale Matteo Zuppi, Mariella Enoc e Giorgio Vittadini avete richiamato a un gesto straordinario di popolo, la giornata nazionale della Colletta Alimentare. Una colletta “dematerializzata”, che significa?
Significa che il 28 novembre invece dei tradizionali generi alimentari si potranno acquistare delle card disponibili alle casse dei supermercati e corrispondenti a quantità di un paniere di prodotti. Il valore di queste card verrà poi trasformato in cibo e consegnato alle sedi di tutti i nostri Banchi, da lì raggiungerà le opere caritative e con loro oltre due milioni di persone distribuite su tutto il territorio nazionale, ogni struttura in ragione dei suoi assistiti: il povero di Caltanissetta riceverà la stessa quantità di cibo del povero della Val Pusteria. Sottolineo che il Banco non riceve un euro, solo ed esclusivamente alimenti, ma che per far partire questa gigantesca macchina della solidarietà bisogna comprare le card: sono già disponibili per chi volesse sul nostro sito, hanno un valore di 2, 5 o 10 euro e – pur mantenendo come data della giornata nazionale quella tradizionale dell’ultimo sabato di novembre – potranno essere acquistate nei supermercati anche prima e dopo, dal 21 novembre all’8 dicembre. In pratica cambia la modalità ma non la sostanza: alimentare la generosità attraverso un gesto concreto cioè aderente alla realtà così com’è, condizionata dalle norme di sicurezza. Ma in fondo la responsabilità verso l’altro a cui siamo costantemente richiamati non è forse questo rinnovarsi della domanda – non più “cosa”, “come” ma “perché” condividere il bisogno di un altro? La ragione che portava il volontario a indossare la pettorina gialla o la signora a riempire il carrello non soccombe a una pandemia.

Ma senza sacchetti, volantini, volontari, passaggi di mano, cibo, che colletta è?
È qui che si decide un gesto di popolo. Noi chiediamo a tutti di telefonare ad amici, conoscenti, parenti, compagni di studio, colleghi di lavoro, vicini di casa. Invadete le chat di classe, del gruppo sportivo, dei compari di aperitivo su Zoom, invitate, spiegate perché quest’anno la Colletta è fatta in questo modo ogni volta che ne avete l’occasione. Quest’anno non ci saranno volontari a tirare la giacchetta ad ogni avventore, i sacchetti gialli, sappiamo bene che un totem informativo per ogni gigantesco supermercato non sostituirà mai quel fermento e brulichio di calore umano che strappava una scatoletta di tonno anche al più scettico. Ma può aiutarci chiunque, col medievalissimo metodo del passa-parola e le connessioni di cui ci siamo serviti in questi mesi per continuare a lavorare, restare in rapporto, restare presenti e amici. Il virus ci ha toccati tutti, chi personalmente, chi solo da vicino, chi più e chi meno ha fatto esperienza di cosa sia l’insicurezza e la vulnerabilità. Non c’è in gioco solo la possibilità per un popolo di arrivare davvero dove nessuna ordinanza, bonus, incentivo riesce ad arrivare, ma di sostenere un architrave fatto di migliaia di strutture che ogni giorno danno da mangiare agli affamati e condividono il destino del prossimo. Noi, ribadisco, faremo tutto ciò che ci sarà possibile, ma questa volta abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti. 

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