La casta dei giornalisti è sempre l’ultima a capire

Anni di inchieste su spese pazze e mutande verdi, privilegi e benefici e poi i giornali sono per il no al taglio dei parlamentari? Al Fatto sono sbalorditi

Spiace dirlo, ma il titolo di ieri del Fatto quotidiano ci ha strappato un sorriso. “Come si chiamava quel libro?” e poi sotto un fotomontaggio del bestseller di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella: la pasta, la tasca, la carta, la cosca, la casba, la cassa e così via.

Al giornale di Marco Travaglio non si capacitano che quelli che per anni li hanno spalleggiati nella lotta ai privilegi della Casta, ora voltino loro le spalle e si schierino per il No al referendum sul taglio dei parlamentari. Lo sdegno viscerale ha una sua coerenza e non ammette le defezioni dell’Espresso, di Repubblica, del Corriere i cui editorialisti e direttori in queste settimane hanno bombardato sulle flebili ragioni del sì, su cui il Fatto – il giornale di cui il M5s è house organ, e non viceversa – ha costruito la sua linea editoriale e la fortuna in banca dei suoi giornalisti.

Tutti accodati

E dunque noi li capiamo i colleghi del Fatto che rinfacciano la capriola ai colleghi dei grandi giornali, i “giornaloni” come li chiamano loro con pigra fantasia. Sui privilegi dei parlamentari il Corriere ha imbastito campagne stampa militari, l’Espresso almeno una dozzina di copertine, Repubblica, Stampa, ma in buona sostanza anche molti giornali e giornalisti di destra, hanno costruito una “narrazione” (a proposito di parole di pigra fantasia) che ha contribuito a portare al potere gente come i cinquestelle. “E ora, ora che arriviamo al dunque, vi tirate indietro?”, chiedono sbalorditi.

Rivendicando la sua tetragona e granitica coerenza e additando l’incoerenza altrui, il Fatto indirettamente ci ricorda che in questo referendum ciò che c’è in ballo è esattamente il sì o un no alla mentalità che imperversa in Italia da vent’anni. E a cui tutti – tutti – si sono accodati: giornali, tv, politici. Perché è una battaglia facile e redditizia, che taglia tutto con la scure di facili slogan (“sono tutti ladri”).

Da Ruggiero a Di Maio

Solo che adesso, dopo anni di Striscia la notizia, di Iene & Gabbie, di “inchieste scomode” su privilegi, piccinerie e miserie umane di bramini e madamine sparate in prima pagina a sei colonne, di paginate e paginate su spese pazze, mutande verdi, rolex, case “a mia insaputa”, aragoste e cozze, che ci rimane? Dopo vent’anni di fiumi d’inchiostro per giustificare con il bluff del “contropotere”, del “cane da guardia”, della “schiena dritta” i mille libri sulla pasta, tasca, carta o Casta che dir si voglia, cosa abbiamo ottenuto? Ora che siamo passati non dirò da Craxi a Conte, ma almeno da Urbani a Azzolina, da Lunardi a Toninelli, da Ruggiero a Di Maio, ora che abbiamo eletto gli incompetenti fieri di esserlo, che vogliamo fare? Con un debito pubblico a 2.560 miliardi e un rapporto debito/Pil al 160 per cento, nei “giornaloni” questa domanda hanno iniziato a porsela, pur nascondendola sotto una coltre d’ipocrisia. Al Fatto non ancora, ma si sa: la casta dei giornalisti è sempre l’ultima ad arrendersi all’evidenza.

Foto Ansa

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