Israele-Palestina. «Il brutale assassinio di tre ragazzi innocenti è stato perpetrato per minare i colloqui di pace»

Per Vittorio Emanuele Parsi, quello che sta accadendo «è un copione già visto». Ma ora, più che Hamas, Israele deve fare attenzione al califfato islamico

«Quanto sta avvenendo fra Israele e Palestina è purtroppo un copione già visto e stravisto. Ogni volta che c’è una trattativa di pace, qualcuno interviene per fermarla», spiega a tempi.it Vittorio Emanuele Parsi, esperto di politica internazionale e docente all’Università Cattolica di Milano. Secondo Parsi, l’omicidio di tre ragazzi da parte di un’organizzazione terroristica vicina ad Hamas e la conseguente rappresaglia di Israele con bombardamenti nella Striscia di Gaza conferma la fine delle trattative di pace fra Israele e Palestina, in questi mesi, già compromesse.

Professore, chi è che non vuole la pace in Medio Oriente: palestinesi o israeliani?
Non la vogliono alcune fazioni, sia in Israele sia in Palestina. È evidente che il brutale assassinio di tre ragazzi innocenti sia stato perpetrato per minare i colloqui definitivamente. Anche perché le tre vittime hanno un particolare comune: vengono tutte da famiglie di coloni religiosi più moderati, l’elettorato del premier Netanyahu. Dall’altra parte, prima di questi barbari omicidi è stata la politica degli insediamenti in Cisgiordania del governo a impedire qualsiasi trattativa.

Abu Mazen ha pregato per la pace con papa Francesco e l’ex presidente israeliano Shimon Peres. Però si è anche alleato con Hamas. Non è contraddittorio?
I palestinesi hanno due problemi nell’affrontare i colloqui di pace con Israele: chi dialoga con Tel Aviv, da undici anni, non ha mai ottenuto nulla. In secondo luogo, bisogna ricordare le divisioni interne ai palestinesi. La strada intrapresa da Abu Mazen è irta di ostacoli e, di fatto, è stato il governo Netanyahu a spingerlo nelle braccia di Hamas.

Il presidente dell’Anp non poteva offrire qualche garanzia in più, riconoscendo Israele, ad esempio?
Come si può pensare che una trattativa inizi dall’obiettivo della trattativa? La missione del governo israeliano è far riconoscere lo Stato ebraico ai palestinesi. Ma questo può accadere soltanto alla fine di un percorso politico. Basti pensare a quanto accadde fra l’Ira e il Regno Unito negli anni ’90. Gli irlandesi non riconobbero l’Irlanda del Nord se non alla fine della trattativa. Non all’inizio. Invece gli israeliani, forti del sostegno dell’Occidente, bombardano Gaza, sapendo che nessuno li rimprovererà per quante vittime innocenti faranno.

Come si risolverà la situazione?
Fra qualche settimana, probabilmente, si placherà la tensione. Ma passi avanti nelle trattative di pace li escluderei, anche se ora il governo israeliano dovrebbe avere molto di cui preoccuparsi.

A cosa si riferisce?
Al califfato islamico che si sta costituendo fra Iraq e Siria: il “nemico strategico” che Israele non ha mai avuto. Finora, il governo israeliano ha voluto vedere sconfitti sia i militanti jihadisti, sia il regime di Assad e gli Hezbollah, senza capire che se il califfato si instaurasse avrebbe buttato a mare la sua supremazia militare nella regione.

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