L’islam radicale nel cuore dell’Europa. Un’inchiesta sconvolgente

Un reportage sulla realtà della minaccia islamista in Francia trasmessa dal canale tv M6 svela il volto separatista dei musulmani che predicano odio verso l'Occidente e sono sempre più numerosi

Un fotogramma dell’inchiesta “Face au danger de l’islam radical, les reponses de l’État” andata in onda su M6 nel programma tv “Zone Interdite”

Parigi. «Per più di un anno, abbiamo condotto un’inchiesta sulla realtà della minaccia islamista in Francia. Per la prima volta, abbiamo filmato le forze d’intervento che la combattono». Inizia così “Face au danger de l’islam radical, les reponses de l’État”, il documentario sconvolgente realizzato dal programma Zone Interdite per il canale francese M6 e consacrato all’incursione dell’islamismo separatista in tutti i settori della società francese: dalle scuole ai trasporti, dalle librerie ai negozi di alimentari, fino al cuore di alcuni municipi dove i sindaci, per clientelismo elettorale, stringono patti diabolici con le frange radicali dell’islam e contribuiscono alla diffusione capillare di un’ideologia contraria ai valori della République.

Le aree per sole donne nei ristoranti di Roubaix

Le telecamere di Zone Interdite si posano anzitutto a Roubaix, città di 100mila abitanti situata a nord dalla Francia, nota per la celebre corsa ciclistica Parigi-Roubaix vinta lo scorso anno dall’italiano Sonny Colbrelli, ma oggi anche per essere uno dei focolai dell’islamismo. Il 40 per cento della popolazione è musulmana a Roubaix, per le strade sempre più donne indossano il jilbab, le librerie vendono libri che incitano al jihad armato, nei ristoranti esistono aree riservate alle donne, tra i banchi di scuola si insegna il Corano e si imparano a memoria le sure, e nei negozi, accanto ai niqab, sono esposti peluche e bambole senza volto, i giocattoli che i genitori rispettosi dell’islam rigorista possono comprare ai loro bambini (nell’islam è vietata la rappresentazione degli esseri umani).

«È un appello a separarsi dalla comunità nazionale e ad aderire a una pratica più rigorista dell’islam», racconta con coraggio Amine Elbahi, giovane giurista attivo nel sociale e nella lotta contro il radicalismo islamico, che accompagna le telecamere di Zone Interdite tra le strade di Roubaix, dove «ci sono cinque-sei macellerie halal nella stessa strada» e «tre librerie islamiche a distanza di cento metri l’una dall’altra».

L’orsacchiotto senza occhi che insegna il Corano

Il giocattolo che ha più successo tra i bambini musulmani, racconta la giornalista di Zone Interdite mentre visita un negozio, «è un orsacchiotto bianco». Ma non è un peluche come gli altri: si chiama Hamza, è senza occhi e insegna ai bambini dai tre anni in su la Shahādah, le sure del Corano e gli appelli alla preghiera. Una delle sorelle di Amine Elbahi si è radicalizzata a Roubaix e nel 2014 è partita a fare il jihad in Siria, dove si trova tutt’ora, imprigionata in uno dei campi allestiti per rinchiudere le ex combattenti dello Stato islamico.

«Dobbiamo essere diretti. Non possono essere solo i francesi bianchi a parlare di questo tema, i musulmani di questo Paese devono svegliarsi», dice Elbahi. Grazie a questo ragazzo, si è scoperto che un’associazione dedicata al sostegno scolastico, Ambition et initiatives pour la réussite (Air), lautamente finanziata dal comune, faceva proselitismo mascherato, indottrinando bambini e ragazzini all’islam separatista.

«L’Afghanistan a due ore da Parigi»

«È l’Afghanistan a due ore da Parigi», ha commentato Éric Zemmour, candidato alle presidenziali di Reconquête, in un articolo sul Figaro, sottolineando che il documentario di Zone Interdite ha messo in luce ciò che lui denuncia da ormai vent’anni. La squadra di giornalisti si sposta in seguito a Marsiglia, nel sud della Francia, altra fornace di radicalismo. Anche lì, moschee salafite che continuano a restare aperte e a predicare odio nonostante le procedure lanciate dallo Stato per chiuderle, scuole elementari dove le bambine sono separate dai bambini, e islamisti radicali che dicono che prima o poi tutta la Francia sarà islamizzata.

Il documentario, durante il quale viene intervistato il ministro dell’Interno Gérald Darmanin, racconta inoltre la situazione della Ratp, la rete dei trasporti pubblici parigini, dove i sindacati sono infiltrati dagli islamisti e alcuni autisti si rifiutano di stringere le mani alle donne. Uno dei terroristi del Bataclan, Samy Animour, lavorava proprio come autista di autobus della Ratp: si era radicalizzato nel deposito di Pavillon-sous-Bois dove ancora oggi, rivela il documentario, si fa proselitismo islamista.

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