«In Venezuela si scontrano due estremismi. Il regime uccide ma l’opposizione sembra voler emulare l’Ucraina»

Intervista a Maurizio Stefanini, giornalista esperto di Sudamerica per il Foglio e Limes: «Le proteste contro Maduro nascono da un élite studentesca stanca di non avere un futuro a meno di scendere a patti con il chavismo»

«In Venezuela si scontrano due estremismi, quello dell’ala radicale dei chavisti e quello dell’ala radicale delle opposizioni», dichiara a tempi.it Maurizio Stefanini, giornalista esperto di Sudamerica per il FoglioLibero e Limes. In questi 15 giorni di proteste contro il presidente Nicolas Maduro, secondo le cifre ufficiali ci sono stati 8 morti e 137 feriti. Senza contare la censura mediatica subita dall’opposizione e l’espulsione dei giornalisti stranieri (quattro della Cnn), accusati da Caracas di “propaganda di guerra”. «Sicuramente la violenza è maggiore nel fronte chavista, che è armato e uccide. Ma nelle opposizioni si è risvegliato una sorta di spirito di emulazione delle proteste ucraine per dare uno scossone mortale al governo di Nicolas Maduro», osserva Stefanini.

Dopo la morte della miss venezuelana Génesis Carmona, le proteste ad oggi proseguono o si sono fermate?
La stampa è censurata in Venezuela ed è difficile avere informazioni precise. La notizia del giorno, da prima pagina, è che Maduro vuole espellere gli inviati della Cnn, che secondo lui farebbe “disinformazione”. Sembra che Maduro abbia inviato delle truppe a Táchira, al confine con la Colombia, dove è iniziata la protesta studentesca. Ci sono anche voci insistenti sull’arrivo di truppe speciali cubane. Per il momento non ci sono state nuove manifestazioni ma la situazione può cambiare in poche ore. L’ultimo bilancio parla di sei persone uccise nel corso delle manifestazioni.

Perché così tante?
Sicuramente in questi giorni si sono scontrati due estremismi, anche se va sottolineato che i filogovernativi sparano sulle persone, quindi la violenza è maggiore nelle loro frange.

Perché gli studenti sono scesi in piazza?
Per diversi motivi. Il Venezuela è governato male: inflazione altissima (56,2%), corruzione, mancano i generi di prima necessità come la carta, c’è un altissimo livello di violenza e di criminalità. Nel 2013 ci sono stati 23.763 omicidi, in media uno ogni 20 minuti, per un totale di 200 mila omicidi considerando gli anni del governo di Hugo Chàvez prima e Maduro ora.

Quali sono gli altri motivi?
Ci sono margini piuttosto radicalizzati sia tra i filochavisti che tra gli antichavisti. Si potrebbe paragonare, fatte le debite differenze, alle reazioni suscitate da Silvio Berlusconi in Italia, molto forti sia tra i suoi sostenitori che tra coloro che gli sono contrari. In Italia questa distinzione è tutto sommato più “soft”, in Venezuela il problema sono anche le armi che circolano facilmente. Maduro è un personaggio alla Achille Lauro, che distribuisce pacchetti alimentari e posti di lavoro ai suoi sostenitori. Gli anti-governativi spesso vengono licenziati e sostituiti da chavisti. Infine, nessun altro paese del Sudamerica è intervenuto per correggere Maduro perché si appoggiano tra di loro.

Come sopprime il dissenso Maduro?
Il regime di Maduro ha fatto anche peggio di Chávez in alcune occasioni, che già era ricorso militarmente all’esproprio dei negozi e aveva impedito il libero commercio. Per lavorare è ancora essenziale aderire al chavismo: chi aveva partecipato al referendum per rovesciare Chavez, ad esempio, ha subìto ritorsioni. Le liste dei firmatari per il referendum sono state usate per licenziare quelle persone o escluderle dal welfare.

La protesta degli studenti è diffusa a tutta la popolazione?
In Venezuela esiste una forte distinzione sociale. Le proteste partono dagli studenti, quindi passano ad esponenti dell’élite, mentre altre fasce della popolazione della classe medio-bassa sono favorevoli a Maduro. Numerosi imprenditori della media borghesia infatti si sono arricchiti grazie a Maduro. Tutti i paesi Sudamericani hanno il problema dell’economia in nero, o “economia informale”: in Venezuela accade lo stesso. Circa il 40-50 per cento della popolazione è costituito da persone che vivono di economia informale che, arrivate dalle campagne, oggi vivono nei “ranchos”, le favelas alla periferia delle città. Con la crisi del petrolio degli anni ’90, questa fascia di popolazione è cresciuta ulteriormente e Chavez è andato al potere grazie a loro. Il problema è che questa fascia di popolazione ha beneficiato non di una crescita reale del paese, ma di distribuzione clientelistica delle risorse. La protesta studentesca di oggi nasce quindi, un po’ come le proteste europee del ’68, dal desiderio dei giovani colti di contrapporsi al sistema di governo perché stanchi di non avere un futuro.

I partiti di opposizione mantengono dei rapporti con i manifestanti?
Sì, e la mia impressione è che queste proteste possano nascere anche da una manovra interna all’opposizione. Il candidato presidenziale dell’opposizione Henrique Capriles ha imposto una linea moderata, cercando di evitare la contrapposizione muro contro muro per evitare di sfasciare il paese. Ma personaggi come Leopoldo López o Corina Machado hanno considerato questa linea fallimentare ed è possibile che anche per questo la protesta di questi giorni si è radicalizzata.

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