Il fisico che ingabbiò l’elettrone, il pubblicitario che liberò la sua arte pop

Il primo divise metà del premio Nobel per la fisica del 1989. Il secondo realizzò un grande pannello raffigurante lo strumento della morte F-111

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Hans Georg Dehmelt. Nacque il 9 settembre 1922. Nacque a Görlitz, la città di confine della Sassonia orientale che è spesso location di film di ambiente storico, la città che il fiume Neisse divide dalla polacca Zgorzelec. Quando Hans vi nacque, le due città erano una, Görlitz, anche se vi si parlavano almeno tre lingue: il tedesco sassone, il sorabo e il polacco. Hans crebbe a Berlino e si appassionò alla fisica. Studiò grazie a una borsa, ma rischiò di perderla perché preferiva gli esperimenti personali agli studi curriculari. Scoppiò la guerra: Hans Georg Demelth si arruolò volontario al servizio del Terzo Reich. Durante la battaglia delle Ardenne, l’ultimo grande tentativo di difesa tedesca sul fronte occidentale, fu catturato e trattenuto prigioniero per un anno negli Stati Uniti.

Nel 1946 tornò in Germania e riprese gli studi fino al dottorato a Göttingen. Fu il vecchio professore Robert Pohl, che a Göttingen continuava i suoi studi fondamentali sull’elettromagnetismo, o fu Werner Heisenberg, che – già premio Nobel – aveva lavorato con entusiasmo al progetto nucleare tedesco, o fu uno dei loro assistenti a disegnare un punto sulla lavagna ammettendo: «Questo dovrebbe essere un elettrone, ma nessuno è mai riuscito a isolarne uno». Da quel giorno l’obiettivo di Dehmelt fu la creazione di una trappola, di una gabbia per elettroni.

Nel 1952 emigrò negli Stati Uniti. All’Università di Washington mise a punto una configurazione di campi magnetici ed elettrici che poteva “ingabbiare” particelle come ioni ed elettroni. Nel 1973 usò la nuova tecnica per osservare un singolo elettrone isolato da interazioni esterne. Una ricerca similare era stata intanto condotta all’università di Bonn da Wolfang Paul. Con lui Dehmelt divise metà del premio Nobel per la fisica del 1989. L’intera altra metà fu assegnata a Norman F. Ramsey (che durante la guerra aveva collaborato al progetto Manhattan) per il suo lavoro sulla struttura dell’atomo che condusse allo sviluppo dell’orologio atomico. Hans Georg Dehmelt è morto martedì 7 marzo.

James Rosenquist. Nacque il 29 novembre 1933. Nacque a Grand Forks, North Dakota, uno degli Stati Uniti in cui la popolazione era per quasi il 70 per cento di origine norvegese o tedesca. I genitori, di origine svedese, piloti per vocazione, giravano di cittadina in cittadina in cerca di lavoro. Si stabilirono infine nella grande Minneapolis, nel Minnesota. Dalla madre James assimilò la passione per la pittura, vinse una borsa di studio per la scuola d’arte della città e poi per due anni studiò pittura all’Università del Minnesota. Fu a ventuno anni che arrivò a New York per frequentare, sempre con una borsa, l’Art Students League. Vi insegnava tra gli altri il grande pittore espressionista tedesco Georg Grosz, vi avevano studiato tra gli altri Jasper Johns, Roy Lichtenstein e Robert Rauschenberg, tre pilastri della prossima futura pop art.

Dipingere cartelloni per la pubblicità era per James una necessità finanziaria; la pratica dei grandi murali a temi popolari veniva dalla generazione precedente, dei Diego Rivera e degli artisti della recessione. James non pensava a sé come a un artista pop, non sentiva affinità con Andy Warhol, neppure, anzi tanto meno quando Leo Castelli gli commissionò un’opera lunga 25 metri che copriva le quattro pareti della galleria. Si intitolava F-111, il cacciabombardiere supersonico di nuova concezione messo a punto per concludere in modo vittorioso la guerra in Vietnam. Il grande pannello, con lo strumento di morte che lanciato sulla contraerea della società dei consumi metteva in questione la collusione tra la macchina di morte del Vietnam, il consumismo, i media e la pubblicità, ebbe successo immediato. Anche dal punto di vista commerciale. F-111 fu venduto il giorno stesso dell’inaugurazione per sessantamila dollari. Per il pubblico e la critica Rosenquist era entrato nel numero dei maestri dell’arte pop. È morto sabato 31 marzo.

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