Il dito da 100 milioni e la Luna da 70 miliardi

Tutti a festeggiare il taglio dei parlamentari. Ma i veri sprechi sono dove la narrazione mediatica non si sofferma mai

«Così muore la libertà: sotto scroscianti applausi» è il testo del cartello che alcuni parlamentari di +Europa hanno esposto fuori dalla Camera dei deputati nel giorno in cui i loro colleghi hanno votato, con maggioranza bulgara, la “riduzione” di se stessi. Una volta tanto, ai radicali/boniniani non si può dare torto. La riforma è stata approvata con 553 sì, 2 astenuti e 14 no (tra di loro, i 3 di +Europa e i 4 deputati di Noi con l’Italia guidati da Maurizio Lupi).

0,007 per cento

Beninteso, come abbiamo già scritto, una riduzione del numero dei parlamentari non è di per sé una cattiva notizia (il Congresso statunitense conta 535 membri, i nostri erano 945), il problema è il motivo per cui è stato fatto. Perché se la motivazione è il “risparmio” tanto sbandierato dai grillini, ci stiamo prendendo in giro: stiamo parlando di un centinaio di milioni l’anno (lo 0,007 per cento della spesa pubblica). Per altri il risparmio sarebbe di soli 57 milioni annui (più o meno il costo di un caffè per ogni italiano), ma tutto questo a fronte di una diminuzione significativa della rappresentanza: prima della riforma avevamo 1 deputato ogni 96.006 abitanti, ora diventa 1 ogni 151.210; prima avevamo 1 senatore ogni 188.424 abitanti, ora 1 ogni 302.420.

In fondo, anche su questo si potrebbe sorvolare. Il problema, però, è che il “taglio” ha solo e soltanto una motivazione ideologica, la lotta anticasta, come ha già spiegato sul Corriere Angelo Panebianco (“A chi giova davvero la riduzione dei parlamentari”). Lo stesso Corriere che, oggi (per riequilibrare?), manda in pagina un editoriale di Gian Antonio Stella (“Simboli e realtà”) in cui l’autore della Casta, non s’accontenta e rilancia. Rilancia come? Mettendosi a chiedere altre «battaglie» per ridurre altri sprechi nel palazzo di Montecitorio.

La grande illusione

Va bene, ci siamo capiti, qui l’abbiamo scritto un migliaio di volte. È la solita storia della demagogia un tanto al chilo cui si dovrebbe rispondere non lisciandole il pelo, ma attraverso risposte concrete, razionali, motivate. La gente non è scema, ma dipende da come gliela spieghi. Se per vent’anni vai avanti a predicare che è tutta colpa della politica e che, eliminati i privilegi e, a questo punto, pure i parlamentari, tutto si risolverà magicamente, è ovvio che poi s’ingeneri solo odio di piazza, risentimento, aspettative che andranno inevitabilmente deluse (tutti elementi che hanno dato la stura al successo pentastellato).

I veri sprechi

In fondo, basterebbe dare la stessa enfasi che si dà alle lotte contro la casta anche ad altri dati, come ad esempio a quelli presentati da Confcommercio. Come nel detto cinese, sarebbe l’ora di non fare come gli stolti che guardano il dito che indica la Luna anziché la Luna.

Scrive ad esempio il Corriere Economia:

Un eccesso di spesa pubblica locale che ammonta a un totale di 70 miliardi di euro tra inefficienze e sprechi: 66 sono da attribuire alle inefficienze, mentre 5,2 miliardi — secondo il rapporto «Riflessioni sulla spesa pubblica locale» stilato da Confcommercio — sono da ricondurre agli sprechi netti. L’analisi, che si basa sugli ultimi dati disponibili del 2016, mette in relazione la qualità dei servizi offerti ai cittadini con i costi. L’Italia delle Regioni ideale avrebbe, secondo lo studio di Confcommercio, i servizi del Trentino Alto Adige e i prezzi della Lombardia, che spende 2.528 euro all’anno per cittadino.

Tutti numeri di cui si parla da anni. Dunque ben venga il taglio dei parlamentari, ma quand’è che mettiamo mano agli sprechi regionali e della burocrazia? Se anziché concentrarci sui privilegi della classe politica, avessimo fatto lavorare il nostro migliaio di parlamentari per approvare riforme come il federalismo o l’autonomia, non sarebbe stato meglio? 70 miliardi sono qualche spicciolo in più rispetto a 100 milioni, no? L’avessero fatto, a questi politici avremmo pure potuto raddoppiargli la diaria.

Foto Ansa

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