Il David pornografico

Quel paio di genitori che a Tallahassee in Florida hanno protestato e causato il licenziamento della preside Hope Carrasquilla perché avrebbe permesso che agli studenti di prima media (11 anni) fossero mostrate immagini “pornografiche”, ovvero la foto della statua del David di Michelangelo, dimostrano di non sapere cosa sia la pornografia e di non saper gestire la propria frustrazione di fronte all’impossibilità di tenere i propri figli lontano dalla stessa. Secondo ricerche recenti, negli Stati Uniti a 13 anni il 54 per cento dei ragazzini è già stato esposto a immagini o filmati pornografici online, e addirittura a 10 anni il 15 per cento; con tutta probabilità fra gli studenti che hanno visto il sesso marmoreo del David nudo uno su cinque o forse meno aveva già visto scene di sesso su internet.

Verosimilmente le due cose – l’ignoranza riguardo a ciò che è pornografia e la precoce esposizione dei bambini e degli adolescenti americani a filmati e immagini pornografiche – sono collegate. L’equazione nudo = pornografia dimostra che ai figli non viene insegnato a distinguere, e quando le capacità critiche e la sensibilità morale non vengono educate, a prevalere è la logica della cultura dominante che interpreta gli interessi del potere dominante, che coincidono con la riduzione della persona a cosa e del suo corpo a merce. La pornografia è un capitolo della reificazione dell’essere umano nella società materialista.

Esposizione di ciò che è intimo

La definizione di pornografia è semplice: è l’esposizione indiscriminata di ciò che è intimo, fuori dal contesto dei rapporti umani che mostrano il suo significato vero e profondo. Nella pornografia il corpo è separato dall’individualità della persona, il particolare non è collegato alla totalità. I filmati pornografici sono pensati per stimolare le fantasie sessuali del fruitore, che non sono rivolte a una persona determinata, ma che vengono trattate come un bisogno indeterminato da soddisfare in modo vicario.

Chi si rivolge alla pornografia muove da una condizione di insoddisfazione delle proprie relazioni sessuali, e accetta di ridurre il proprio desiderio a una soddisfazione istintuale, a un piacere strettamente fisico che non implica la realtà di un’altra persona: l’altra persona esiste solo come fantasia da sfruttare edonisticamente, senza nessuna prospettiva di entrare in un rapporto personale con lei; anziché determinare conoscenza e comunione, che è ciò che deve essere chiesto a una sessualità pienamente umana, il sesso pornografico rafforza l’estraneità fra le persone.

Il nudo artistico

Il nudo artistico non c’entra nulla con la pornografia, anche se qualche autore finisce per produrre pornografia a motivo della sua mediocrità come artista. Il nudo artistico risulta riuscito nel suo intento estetico quando non suscita eccitazione sessuale in chi lo ammira, quando la nudità del corpo rinvia ad altro: a valori ideali superiori o al valore che è la persona nella sua interezza.

Come spiega Roger Scruton in La bellezza. Ragione ed esperienza estetica, esistono sostanzialmente due tipi di nudo artistico: quello di Michelangelo e di Botticelli, e quello di Tiziano e di Manet. I nudi dei primi due rimandano a una perfezione ideale, i nudi dei secondi due rimandano al mistero della singola persona nella sua unicità. Chi provasse desiderio di possesso fisico davanti alla Venere di Botticelli o al David di Michelangelo, dovrebbe preoccuparsi seriamente. Si tratterebbe di una perversione sessuale da trattare psichiatricamente. Ci troviamo infatti davanti ad opere d’arte che rimandano a una bellezza sovrumana, al mondo delle idee: sia Botticelli che Michelangelo sono tributari del platonismo del loro tempo.

Nella pur decentissima intervista apparsa sul Corriere della Sera del 28 marzo, la preside Hope Carrasquilla dimostra di non aver capito lei stessa un granché del David, quando afferma: «C’è vulnerabilità nella sua nudità, nel suo volto adolescente». Veramente abbiamo tutti l’impressione di trovarci davanti a un semidio della mitologia greca, questa della vulnerabilità a noi ci mancava. Siamo ancora fermi all’inattingibile di quella bellezza.

Venere e Olympia

Inattingibile è anche la bellezza, solo apparentemente ammiccante, della Venere di Urbino di Tiziano e dell’Olympia di Manet, che del dipinto di Tiziano imita la posa. In questi due dipinti la sensualità è manifesta, si può provare attrazione fisica senza essere dei pervertiti, ma ad attirare non è, pornograficamente, la nudità in sé, ma la personalizzazione di quel nudo.

Il volto sicuro di sé della Venere di Tiziano dice “sono una persona, il mio corpo non è separato da me, puoi desiderarmi solo nella mia integralità”; il volto disincantato e le mani tozze della prostituta Olympia dicono “potrai avere il mio corpo se paghi, ma non avrai mai la mia anima, che pure è tutt’uno con questo corpo”.

Io e il mio corpo

L’origine della pornografia è nella separazione fra corpo e quella che chiamiamo anima, nella dis-integrazione, letteralmente, della persona. Ma quando si dis-integra il corpo dal soggetto che lo anima, è tutta la persona che va perduta, ovvero che viene reificata.

Come spiega molto bene Scruton nel suo libro (che traduciamo liberamente dall’originale inglese, senza ricorrere alla traduzione di Vita e Pensiero), «Io sono un soggetto, il mio corpo è un oggetto: io sono io, lui è lui. In questo modo il corpo diventa una cosa fra le altre, e il solo modo in cui posso salvarlo è affermare un diritto di proprietà, è dire: “Questo corpo non è una cosa qualsiasi, ma una cosa che appartiene a me”. E questo è precisamente il modo in cui è vista la relazione fra anima e corpo nell’immagine pornografica. C’è un modo diverso e migliore di vedere le cose, un modo che spiega parecchio della vecchia morale che molti oggi trovano incomprensibile. Secondo questo modo di vedere le cose il mio corpo non è una mia proprietà ma – per usare un termine teologico – la mia incarnazione. Il mio corpo non è un oggetto, ma un soggetto, così come lo sono io. Non lo posseggo, non più di quanto possegga me stesso. Sono mescolato con esso in modo inestricabile, così che quello che viene fatto al mio corpo è fatto a me. E ci sono dei modi di trattarlo che mi fanno pensare e sentire come altrimenti non avrei pensato e sentito, mi fanno perdere il mio senso morale, mi induriscono o mi rendono indifferente agli altri, mi fanno smettere di esercitare la facoltà del giudizio o di essere guidato da princìpi e ideali. Quando questo succede, non sono danneggiato solo io: tutti quelli che mi amano, che hanno bisogno di me o che si relazionano a me sono ugualmente danneggiati. Perché ho danneggiato la parte su cui si costruiscono le relazioni».

Unità della persona

È evidente che da questa divisione fra io e corpo e dalla conseguente reificazione di quest’ultimo deriva non solo la pornografia generalizzata e pervasiva, ma tutte le altre sciagure antropologiche dell’Occidente del XXI secolo: aborto legale imposto come un valore, eutanasia e suicidio assistito, utero in affitto, legalizzazione della droga e della prostituzione, ecc. In tutti questi casi il corpo è considerato un oggetto di proprietà di qualcuno, che ne fa quello che vuole (meglio: quello che crede di volere, non accettando di riconoscere quali condizionamenti lo spingono a tali aberrazioni).

L’arte è senz’altro il caposaldo di una pedagogia che aiuti a recuperare l’esperienza dell’unità della persona, e i nudi artistici spiegati per quello che sono veramente costituiscono, come si dice con la terminologia propria della pedagogia, dei preziosi sussidi. Più Tiziano e Manet che Botticelli e Michelangelo. Perché esprimono l’integrazione di corpo e anima nell’unicità della persona. Paradossalmente la prostituta Olympia ritratta dall’artista parigino può fare molto di più di qualunque discorso moralizzante nella lotta contro la legittimazione della pornografia.

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