Il cliente e il lavoratore al centro. L’impegno della Ferrero per nutrire davvero il pianeta

Nella relazione annuale sulla responsabilità sociale il gruppo racconta come da tempo traduce in fatti il titolo di Expo2015, con salari più alti e welfare aziendale anche nei paesi meno sviluppati

Già 57 anni fa, Michele Ferrero (il patron storico del gruppo dolciario, scomparso lo scorso 14 febbraio) aveva intuito che “nutrire il pianeta” e “responsabilità sociale” erano due concetti che non potevano essere scollegati dal fare business. Non è stata casuale la scelta di Expo per il gruppo Ferrero come luogo dove presentare il rapporto annuale della responsabilità sociale, che per questa grandissima azienda italiana si sviluppano essenzialmente in due temi, persona e pianeta. La persona è al centro di una rete di attività e interventi concreti, sintetizzabili proprio con il titolo di Expo 2015, “Nutrire il pianeta, energia per la vita”.

ATTENZIONE AL CLIENTE. Giovedì 1 ottobre, nel corso della presentazione del rapporto, l’ambasciatore Francesco Paolo Fulci, presidente di Ferrero Spa, ha sottolineato in che senso “nutrire” per Michele Ferrero si coniugasse con una maggiore attenzione alla persona, sia come cliente che dipendente, leggendone una lettera agli operai di quella fine anni ’50: «Mi impegno a dedicare ogni mia attività e tutti i miei intenti a questa azienda, e vi assicuro che mi renderò soddisfatto solo quando con i fatti e non con le parole potrò offrire a voi e ai vostri figli un futuro». Fulci ha proseguito, esemplificando «con i fatti»: «L’estrema attenzione al consumatore si traduce con una selezione accurata delle materie prime e dei fornitori, con requisiti più stringenti di quanto impongano leggi e regolamenti. Il gruppo è impegnato nella tracciabilità dei propri prodotti e materie prime, con un’attenzione particolare alla cura del terreno, ma anche con una responsabilità particolare per il consumo di energie in modo sostenibile». L’azienda è impegnata a raggiungere l’approvvigionamento del 100 per cento del cacao e dello zucchero di canna raffinato da fonti sostenibili e certificate e di implementare la tracciabilità di ogni nocciola usata (processi comunque già attivi e in fasi avanzate), mentre dal 2014 il 100 per cento delle uova provengono da allevamenti di galline a terra nel rispetto del benessere animale, che si traduce nella migliore qualità del prodotto.

LE SCUSE DI SÉGOLÈNE. Sempre dal 2014, inoltre, anche l’olio di palma usato è al 100 per cento sostenibile e certificato Rspo, il più importante standard del settore. La conseguenza più interessante di questo attestato è stata la brutta figura rimediata da Ségolène Royal in Francia, lo scorso giugno, quando ha lanciato la sua “crociata” contro la Nutella. Dopo un paio di giorni la ministra francese ha dovuto scusarsi pubblicamente, ammettendo l’errore. Un’attenzione particolare il gruppo la riserva anche agli abitanti delle città centro dei suoi stabilimenti, ha ricordato ancora il presidente Fulci: «Ad Alba tutti i cittadini ad esempio possono collegarsi alla centrale termoelettrica dell’azienda» e si è realizzato uno stimolate esempio di risparmio energetico.

SALARI DOPPI NEL TERZO MONDO. Nei 20 stabilimenti produttivi e nelle 9 aziende agricole Ferrero, c’è anche una cura speciale per il personale dipendente. Se è vero, anzitutto, che per il particolare tipo di prodotto l’impegno richiesto è stagionale, è pur vero che il 73 per cento dei contratti è a tempo indeterminato e il trend è in crescita. Inoltre, il Gruppo in ogni paese in cui lavora, anche in quelli in via di sviluppo, offre stipendi superiori ai minimi legali, cui spesso si aggiungono accordi integrativi con le rappresentanze sindacali, che portano a migliori trattamenti, come i premi di risultato. Negli stabilimenti di Camerun, India e Messico, dove è ancora molto dolorosa la piaga dello schiavismo, il rapporto tra i salari base Ferrero e quelli minimi legali è di quasi due a uno. La Fondazione Ferrero, inoltre, assicura a tutti gli ex dipendenti con 25 anni di anzianità aziendale la copertura di tutte le spese socio-sanitarie, mentre gli attuali dipendenti possono anche contare su un sostegno per i loro figli. Non c’è infatti solo il nido aziendale di Alba a condizioni agevolate (oggi frequentato da 80 bambini, di cui circa il 10 per cento figli di residenti, indicati dal comune), un noto esempio di welfare d’impresa in Italia.

LE IMPRESE SOCIALI. Vicino alle “imprese sociali” del gruppo, di Baramati (India) o di Yaoundé (Camerun) sono stati costruiti e finanziati dalla Fondazione Ferrero due asili nido e scuole materne. A Baramati sono ospitati ogni giorno 120 bambini tra i 6 mesi e i cinque anni, che possono contare anche su una mensa interna e su un’infermeria, nonché sull’accoglienza in turni dalle sei del mattino alle dieci di sera. La scuola materna di Yaoundé ospita 200 persone tra insegnanti e bambini: la Fondazione ha finanziato la demolizione delle strutture in legno e delle latrine esistenti in precedenza, offrendo un edificio in muratura ma anche un sistema fognario e uno di drenaggio delle acque prima inesistenti. Le imprese sociali sono determinanti nel territorio in cui hanno sede, perché impiegano pure per l’indotto materie prime e personale locali, creando di fatto occupazione per un numero doppio di persone a quelle impiegate Ferrero (232 in Camerun, 2.921 in India e altre 386 in Sudafrica a Walkerville).

L’IMPEGNO PER LO SPORT. Come segno di attenzione alla persona c’è infine il contrasto agli eccessi alimentari e all’obesità dilaganti nei paesi sviluppati. Ferrero mette in commercio l’85 per cento dei suoi prodotti in porzioni inferiori alle 130 calorie a pezzo, nell’ottica di una piccola golosità che lasci spazio a frutta e verdura nella dieta quotidiana. Il gruppo è poi impegnato anche nella promozione di uno stile di vita sportivo, con il finanziamento di numerosi progetti che promuovono nelle scuole italiane sport quali la pallavolo (Ferrero è il principale sponsor della nazionale di volley azzurra), l’atletica leggera e la scherma.

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