I reietti sulle Ramblas

D’un tratto in quel coro sguaiato ti si mostra per un istante così vano il camminare dei turisti, dei sani; e vera invece l’attesa dei vecchi assorti ai bordi della via, come relitti pietosamente restituiti alla terra dal mare

Pubblichiamo l’articolo apparso sul numero 39/2011 di Tempi.

Barcellona, 20 settembre. Lungo le Ramblas – e già questo nome suggerisce un passo di danza, o un’eco rapinosa di violini – sotto a un gran sole una gran folla in cammino: in giù verso il mare e in su, verso plaza Catalunya. È una colonna inestinguibile di turisti estasiati da tanta luce, e colori, e vita. Folla che si raduna davanti agli artisti di strada impietriti nelle loro sculture, che si accalca nei negozi di souvenir, e lecca golosamente gelati; e scatta, scatta, con le Canon e le Nikon, a immagazzinare – per i lunghi inverni del Nord – questa radiosa festa mediterranea.

Soltanto ai tavolini di McDonald’s, fino a che è presto e non ci sono clienti, cerca riposo chi è stanco, e non ha soldi per sedersi a un caffè. Così che ai margini del fiume vociante sulle Ramblas spontaneamente si forma una piccola corte di diseredati: c’è il clochard ancora arruffato della notte su una panchina, e lo skinhead che pazientemente spulcia il suo grosso ossuto doberman nero. C’è una piccola vecchia dagli occhi celesti e assenti, fissi su un indefinito lontano. E un tipo rubizzo, grosso, goffo, con le mani e le labbra tremanti nel balbettio del Parkinson. Sotto un braccio tiene una consunta cartelletta di cartone gonfia di fogli; la stringe come fosse qualcosa di prezioso, ma non la apre. Un artista di strada che non ha più la forza di mostrare i suoi disegni? Gli arriva accanto, come espulso per il passo troppo lento dalla colonna dei lieti, un altro, vecchio, decrepito anzi, con la barba lunga e la faccia di una estenuata magrezza. Anche lui stringe fra le mani un blocco di carta e un astuccio da matite. Ma non ha nessun disegno da vendere, e anzi stende la mano a mendicare.

E tu, che come per una segreta simmetria ti sei seduta nell’angolo ai margini delle Ramblas felici, contempli a lungo le facce di questi vecchi – cercando di percorrerne a ritroso le rughe, fino a scorgere, sotto, lontani ragazzi. Quale destino li avrà spinti fuori, costretti ai bordi del ring, cacciati dai “normali”?

Sembrano anime di Santi Bevitori, immobili nell’attesa che venga l’istante di un debito antico da saldare. Il fiume dei turisti ci scorre davanti quasi a passo di marcia, migliaia di giovani piedi calcano baldanzosi le Ramblas. E quei vecchi lì fermi, lo sguardo diritto su un invisibile oltre.

Due venditori ambulanti percuotono l’aria suonando certi loro fischietti che emettono uno stridulo ossessivo berciare. D’un tratto in quel coro sguaiato ti si mostra per un istante così vano il camminare dei turisti, dei sani; e vera e umana invece l’attesa dei vecchi assorti ai bordi delle Ramblas, come relitti pietosamente restituiti alla terra, infine, dal mare.

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