I bimbi prematuri di Al Shifa, due volte vittime della guerra di Gaza

Ali Esbeita è il padre di uno dei piccoli salvati dall'ospedale, usato da Hamas come scudo e che Israele non ha risparmiato durante l'attacco. «Non andrà in Egitto, resterà con me, la mamma e i sette fratelli. Vivremo o moriremo assieme. Questa guerra insensata deve finire»

I neonati prematuri evacuati a Gaza dall’ospedale di Al Shifa (Ansa)

Ali Esbeita aveva già detto addio due volte al suo piccolo Anas, nato prematuro il 16 agosto nell’ospedale Al Shifa di Gaza, un tempo conosciuto come il migliore della città. Lo aveva salutato, forse inconsciamente, il 7 ottobre, quando dopo la strage di israeliani compiuta dai terroristi islamici di Hamas, Ali ha cercato di portare in salvo la moglie Warda e i suoi sette figli, proteggendoli dalla risposta militare di Tel Aviv che sapeva sarebbe arrivata.

Così facendo, però, Ali ha anche allontanato la sua famiglia dall’incubatrice dove il loro ultimo figlio, con l’aiuto dei medici, lottava per restare in vita non meno di chi scappava dai raid aerei fuori dall’ospedale. La famiglia di Ali ha cercato la salvezza in due rifugi temporanei e infine a Khan Younis, nel sud della Striscia.

«Credevo mio figlio fosse morto»

Il secondo addio al suo bimbo, Ali, 35 anni, lo ha sussurrato settimana scorsa. Quando gli è stata riferita la notizia che l’esercito israeliano aveva circondato l’ospedale Al Shifa, ha disperato di rivedere suo figlio vivo. «Ho creduto fosse morto», dichiara al Washington Post, spiegando che non riusciva più a contattare il reparto.

Già durante i primi mesi di vita infatti, quando la madre Warda si estraeva il latte dal seno e lui lo portava all’ospedale per nutrire il figlio, Anas si conquistava a fatica ogni nuovo giorno per via dello sviluppo insufficiente dei suoi organi.

L’idea di aver lasciato solo il figlio per prendersi cura del resto della famiglia ha tormentato Ali per settimane: «Io e mia moglie ci incolpavamo a vicenda per averlo abbandonato. Il sentimento di impotenza mi stava uccidendo».

L’evacuazione dei bimbi prematuri di Gaza

Mentre si faceva divorare dal senso di colpa, Ali non sapeva che Anas era vivo e più vicino di quanto immaginasse. Il piccolo, infatti, avvolto dai medici in coperte in mancanza del carburante (introvabile per via della guerra) per far funzionare le incubatrici, è uno dei 31 bambini prematuri evacuati dai medici e dalle Ong internazionali e messi in salvo. Altri due non ce l’hanno fatta.

Le immagini dei piccoli, trasportati all’ospedale di Rafah, nel sud della Striscia, hanno fatto il giro del mondo e sono un minuscolo ma potente segnale di luce nell’orrore della guerra. Ventotto neonati, molti dei quali senza mamma o genitori, morti o introvabili, sono poi stati trasferiti in ospedali egiziani. Tre invece sono rimasti nella Striscia.

«Vivremo o moriremo insieme»

Anas è uno di loro. Ali spiega perché hanno deciso di restare tutti insieme: «Se la madre lo accompagna in Egitto, chi si prenderà cura degli altri sette figli? Se vado io, chi si occuperà di mia moglie e dei bambini? E se mentre mio figlio si trova in Egitto, noi venissimo tutti uccisi? No, abbiamo deciso di vivere o morire tutti insieme».

I genitori come Ali Esbeita non dovrebbero essere sottoposti a simili dilemmi neanche in tempo di guerra, perché gli ospedali dovrebbero essere risparmiati dai combattimenti, mentre secondo l’Oms durante i 45 giorni di guerra nella Striscia di Gaza, Israele ha colpito 164 strutture utilizzate per fini sanitari.

Hamas usa gli ospedali di Gaza come scudi

Se gli ospedali della Striscia sono diventati campi di battaglia non è solo perché l’esercito di Israele ha deciso di non fermarsi davanti a nulla pur di impedire che si ripeta un eccidio come quello del 7 ottobre, ma soprattutto perché i terroristi islamici utilizzano le corsie come basi per preparare e condurre le proprie attività terroristiche.

Il portavoce del governo israeliano, Eylon Levy, ha dichiarato a proposito: «Per anni l’Oms, la Croce Rossa e tutte le altre agenzie dell’Onu hanno nascosto l’uso sistematico degli ospedali da parte di Hamas come scudi. Questo era il più grande segreto di Pulcinella della Striscia di Gaza. Per anni non hanno detto nulla e ora chiediamo che ne rispondano a livello internazionale».

E ancora: «Abbiamo scoperto un tunnel che si estende per 10 metri sottoterra ad Al Shifa. Il tunnel prosegue poi per 55 metri, conducendo a una porta blindata con un foro per sparare. Il 7 ottobre Hamas ha introdotto di nascosto degli ostaggi nell’ospedale e sappiamo che uno (Noa Marciano, ndr) è stato giustiziato lì. Questo è accaduto in pieno giorno, tutti i medici li hanno visti e non hanno detto niente».

«Questa guerra deve finire»

I piccoli bimbi prematuri evacuati dall’ospedale Al Shifa e costretti a riparare in Egitto per sfuggire alla guerra sono le vittime collaterali di un conflitto, scatenato da Hamas, che ora potrebbe drammaticamente allargarsi anche al sud della Striscia.

«Per noi l’unica soluzione è che questa guerra senza senso finisca», dice Ali, stringendo il più piccolo della famiglia fra le sue braccia.

@LeoneGrotti

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