Il governo ha i suoi difetti, ma mai dimenticare cos’è la magistratura in Italia

Rassegna ragionata dal web su: le spinte corporative e le azioni militanti a che alimentano lo scontro sulla giustizia, il dialogo tentato dalla Meloni, un ripassino del caso Palamara

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio (foto Ansa)

Su Dagospia si riprende un articolo di Marcello Sorgi per La Stampa dove si scrive: «Inoltre la dinamica del procedimento contro Delmastro – procura che proscioglie e gip che chiede l’“inquisizione coatta” – per il governo segnala l’esistenza di una corrente antigovernativa tra i magistrati. Come la vecchia An, anche Fratelli d’Italia, fino alla nascita del governo e alla svolta riformista di Nordio, era considerata un partito […] manettaro […] L’annuncio della riforma, considerato un tradimento, deve aver messo in allarme le correnti togate. Di qui, prima una pressione politica che è arrivata a Palazzo Chigi, dove siede come sottosegretario l’ex magistrato Mantovano. E poi, a mali estremi, l’estremo rimedio delle inchieste. Meloni era già intervenuta per mitigare i propositi di Nordio. […] Ma le correzioni non sono bastate. E il mantenimento dell’abolizione dell’abuso d’ufficio, da molti pm considerato “reato spia” per far partire inchieste di corruzione, ha fatto il resto».

Sorgi spiega bene l’intreccio tra spinte corporative nella magistratura che reagiscono a scelte che mettono in forse equilibri di potere consolidati e azioni della magistratura militante impegnata a combattere un governo di destra. In questo contesto alcuni interventi della magistratura (tutti i pasticci procedurali sul caso Santanchè, la mancanza di leale collaborazione tra istituzioni dello Stato come nel caso “Cospito-Delmastro”) non possono non essere criticati. Mentre il caso “figlio di La Russa” è una classica questione da far risolvere dagli inquirenti e dai giudici nella loro autonomia (magari un po’ velocemente e non con “ordalie” mediatiche).

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Sul Post si scrive: «Nordio ha spiegato che l’abolizione del reato di abuso d’ufficio non provocherà alcun “vuoto di tutela” perché “il nostro arsenale per combattere gli amministratori infedeli è tra i più agguerriti d’Europa”; a proposito delle intercettazioni ha detto che il sistema “ha raggiunto livelli quasi di imbarbarimento” e dunque va limitato; sulle custodie cautelari ha detto che il “carcere deve essere l’eccezione dell’eccezione”».

Sorgi spiega bene l’utilità sia “corporativa” (poter svolgere indagini meno complicate) sia “militante” (possibilità di indagini a tutto campo senza reale controllo della “difesa”) del confuso reato di “abuso d’ufficio”. Nordio spiega perfettamente, dalla sua, come il reato di “abuso” non c’entri con la lotta alla corruzione, che è garantita da una rete di norme estese e articolate, e come l’abolirlo sia la scelta necessaria per avere una giustizia più veloce e meno manipolabile anche politicamente. Il nostro guardasigilli parla anche all’arruffata “commissione sullo Stato del diritto” europea che ha puntato il dito contro la riforma Nordio. Mosse “europee” di questo tipo rivelano, peraltro, quanto lo scontro per i prossimi assetti dell’Unione si intreccerà nel periodo che precede le elezioni del 2024 per il Parlamento europeo (vedi anche la caduta del governo Rutte in Olanda) con gli scontri nazionali. Però non c’è più né la supremazia americana del 1992 né l’asse Parigi-Berlino-Washington del 2008, e così le toghe sia ipercorporative sia militanti sono assai più deboli.

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Su Huffington Post Italia Marco Follini dice: «Il passato ci insegna che mettere mano alla giustizia e correggere alcune distorsioni è un’impresa molto difficile, a maggior ragione lo diventa se viene compiuta con spirito partigiano. L’errore maggiore di questa maggioranza è chiudersi nel proprio fortilizio. Non c’è stato un solo giorno in cui ha compiuto il tentativo di parlare al di fuori dei suoi cancelli, ma il gioco delle fazioni impedisce qualsiasi passo avanti».

Ecco una serie di banalità folliniane che non servono a fare alcuna chiarezza: il governo Meloni, interloquendo innanzi tutto con Sergio Mattarella e Mario Draghi, e poi con i Cassese, gli Amato, i Gentiloni, i Violante, e anche con chi nell’opposizione come Matteo Renzi non ha solo atteggiamenti pregiudiziali, ha cercato e cerca di creare sulle questioni d’interesse nazionale più convergenze politiche possibili. Certo, siamo in presenza di un ceto politico di centrodestra che per una sua non piccola fetta ha avuto una formazione non sempre particolarmente riflessiva, e così ad ogni angolo di strada si nota una qualche sgrammaticatura talvolta particolarmente urticante e dannosa. Però anche questi incidenti non possono far dimenticare a un politico esperto come Follini quale sia la musica di fondo che si sta suonando.

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Su Affaritaliani Luca Palamara dice: «In questo caso non partirei dalla magistratura, ma dal corto circuito che in Italia ciclicamente si verifica allorquando tutto ciò che “non è sinistra” va al governo. Tanto per essere più chiari, in Italia funziona in questo modo da circa un trentennio. In questa fase nella quale il centrodestra ha preso le redini del comando tale anomalia del rapporto tra politica e magistratura ha finito per accentuarsi. Da qui il disperato tentativo di una parte della informazione, saldata con la parte più politicizzata della magistratura, di strumentalizzare singole vicende del processo penale trasformandole in un casus belli di rilevanza politica. Si tratta di un film già visto e ampiamente raccontato nelle pagine del libro Il sistema. È illusorio tentare di risolvere questi problemi approcciando in maniera soft il tema delle riforme».

Ah, già. È giusto ricordarsi sempre di Palamara, deus ex machina per un lungo periodo degli equilibri all’interno della magistratura italiana, di cui si rammenta una registrazione nella quale diceva che sugli immigrati clandestini Matteo Salvini aveva sostanzialmente ragione, ma il momento politico imponeva di attaccarlo giudiziariamente. In un contesto così largamente definito dal passato palamariano (ma se volete anche dipietriano, davighiano, ingroiano o depasqualiano) è inevitabile considerare le sgrammaticature citate un male minore (molto minore) e una riforma radicale della magistratura (con separazione di carriere come in Francia o Germania) l’unico vero bene possibile.

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