Fumetto – Non solo erotismo e donne sensuali per Milo Manara

Milo Manara, grande fumettista e autore delle più svariate vicende, è noto per le sue stupende raffigurazioni di donne, in pose esplicitamente provocanti e sensuali. Ed è proprio con Il Gioco, storia di soggetto erotico commissionatagli da Playmen, che raggiunge il grande successo. Dietro le immagini di nudo, però, Manara costruisce spesso un discorso che va oltre, di riflessione sociale ed etica, trattando tematiche di attualità, dal potere dei media al crollo dell’etica, fino ai disastri ecologici ed alla ferocia dell’uomo. Con questo articolo vogliamo raccontare proprio la parte più filosofica e riflessiva, e per certi versi meno nota, di Manara, recensendo il volume Mondadori, Tutte le avventure di Giuseppe Bergman, che nel 2012, raccolse tutte le avventure (anche se non disposte in ordine cronologico) del suo alter-ego.

Dal 1978 Manara inizia a collaborare, grazie al suo mentore Hugo Pratt, con l’importante rivista francese A suivre, edita da Casterman, per cui realizza l’opera H.P. e Giuseppe Bergman. H.P. sta ovviamente per Hugo Pratt mentre Giuseppe Bergman è l’alter ego dell’autore, anche fisiognomicamente, insieme a delle caratteristiche di Alain Delon. Manara decide fin da subito di scartare dall’elemento erotico, creando una cornice seria ed originale in cui far agire il suo personaggio. Infatti, in una sorta di reality show ante litteram, Bergman si ribella all’idea di una vita banale e si lancia alla ricerca dell’avventura a tutti i costi, avventura che lo porterà in Amazzonia. La presenza di spessore di Pratt è un modo per raccontare tematiche a lui care, in primis personaggi fuori dell’ordinario, mentre la carica eversiva del post ’68 sfocia in tavole in cui tutto è messo in discussione e revolucion e sommosse popolari prendono piede. Non manca un riferimento biografico a Pratt, a Venezia e alla sua “corte sconta detta arcana”.

Nel 1980 e nel 1982 escono le storie che saranno identificate come Le avventure africane di Giuseppe Bergman, ovvero Un autore in cerca di sei personaggi e in Dies Irae. In queste vicende il tratto di Manara raggiunge un livello impeccabile di realismo e di grazia. Ancora viene messa alla berlina la televisione, con la storia di una ragazza che non conosce il proprio ruolo nella commedia che si appresta a girare. Lou-lou, questo il nome della ragazza, rappresenta l’eros disinibito che spesso viene nascosto e messo alla berlina da una certa tipologia borghese. Manara la fa sfilare in una grottesca piscina nel mezzo dell’Africa, con cardinali, generali, uomini d’affare e dame ingioiellate. E questa parata viene spazzata via (forse oggi diremmo “rottamata”) dalla forza della gioventù  e della ribellione. Manara dimostra una irrefrenabile voglia di raccontare, come dimostra la vicenda successiva, in cui vari racconti si innervano sulla storia principale, in uno stile post-moderno che ricordano V di Thomas Pynchon. Così la storia del 9 come quella del castello di Virgoberg, struttura onirica anch’essa destinata alla distruzione, insieme ai perbenisti che vi dimorano: inoltre, in più vignette di puro meta-fumetto i personaggi e lo svolgimento vengono spesso scomposti e messi in dubbio, in un continuo gioco di riflessioni e di domande.

Manara ci ripresenta il personaggio di Giuseppe Bergman nel 1988 in Sognare forse…, impegnato in quelle che sono le sue avventure orientali. Vengono riprese l’ambientazione cinematografica, così come un racconto che si snoda insieme alle scorribande dei protagonisti, un racconto in abiti medioevali che riecheggia Il settimo sigillo di Ingmar Bergman. Oltre ad un’altra comunità che viene travolta dalla purezza, così come accadeva in Africa, si presenta il tema della storia dell’arte rivisitata, che salva Bergman dal precipizio. Questo tema è il pilastro portante di A riveder le stelle che, nel 1999, permette a Manara di vivere un viaggio nel passato e nelle opere di grandi artisti, da Dante a Botticelli, dal preraffaellita Millais a Böcklin. La tecnica dell’acquatinta gli permette ampie panoramiche e dettagli mozzafiato, oltre a poter costruire sentiti omaggi ai suoi maestri: Pratt, Fellini e Paz. L’inferno dei media si rispecchia in quello della società degradante e che non ha neanche più un ideale politico cui affidarsi.  Il cerchio si chiude nel 2004 con L’Odissea di Bergman, completando le cosiddette avventure metropolitane di Giuseppe Bergman, in cui è Omero e l’arte greca a rivivere in un racconto in cui il debito verso l’antichità va costantemente pagato. La guerra viene ripudiata, e viene esaltato l’eros salvifico, mai presentato però in forma volgare e degradante.

Storie con molti fili conduttori, dagli inni all’armonia alla diffidenza verso l’ordine costituito e messo in regola, dall’amore che salva al potere della fantasia e dell’arte, Manara ci propone tematiche e dubbi non banali, che vivono del tempo in cui furono create ma sanno anche rivelare qualcosa di noi oggi. Molte intuizioni restano valide e il fatto che Bergman venga sempre di più trascinato dagli eventi sembra quasi rivelare la decisione di Manara di far parlare le storie, senza protagonisti fissi, in un fluire di idee e di suggestioni continue. Di visioni oniriche, direbbe Fellini. Di bei sogni, direbbe Pratt.

Tutte le avventure di Giuseppe Bergman, Milo Manara, Oscar Bestsellers, Mondadori, 15€ 

@Badenji

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