Il “ddl Zan finlandese” miete vittime: a processo un ex ministro che citò la Bibbia

L'ex ministro Pasanen andrà a processo in Finlandia con l'accusa di "incitamento all'odio" verso gli omosessuali per aver citato san Paolo. «Ho diritto a professare la mia fede»

Una parlamentare ed ex ministro andrà a processo e rischia il carcere per aver citato passi della Bibbia ritenuti offensivi nei confronti degli omosessuali. Succede in Finlandia, non in Italia, ma chi sostiene che il ddl Zan sia innocuo e non mini la libertà religiosa e di espressione farebbe bene a drizzare le orecchie. Perché è proprio a causa di una legge “simil Zan” che ora Paivi Rasanen si trova nei guai in Finlandia.

Le critiche alla Chiesa luterana

Rasanen, medico di professione, parlamentare da quasi 20 anni e ministro degli Interni tra il 2011 e il 2015, è stata rinviata a giudizio il 29 aprile in particolare per un tweet postato il 17 giugno 2019. Quell’anno la madre di cinque figli, già presidente del partito dei Cristiano democratici e membro attivo della Chiesa luterana finlandese, aveva criticato la decisione della Chiesa di sponsorizzare il gay pride 2019, chiedendo come poteva essere coerente con la lettera ai Romani nella quale san Paolo scrisse:

«Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, così da disonorare fra di loro i propri corpi, poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli. Amen. Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s’addiceva al loro traviamento» (Romani 1,24-27).

«Non ho insultato gli omosessuali»

Dopo aver letto il post, condiviso anche su Facebook e Instagram, un cittadino finlandese la denunciò alle autorità giudiziarie. L’1 novembre 2019 la polizia di Helsinki interrogò la parlamentare per quattro ore in merito al contenuto del suo tweet. Come dichiarò Rasanen a First Things l’anno scorso, «il mio obiettivo non era in alcun comodo insultare una minoranza. La mia critica era rivolta ai leader della Chiesa. Non mi passò neanche per la mente che il mio tweet potesse essere considerato illegale».

Nel 2011 il governo aggiornò la sezione 10 del Codice penale finlandese per includere «l’orientamento sessuale» nell’articolo che proibisce «l’espressione di opinioni e altri messaggi che minaccino, diffamino e insultino certi gruppi». Sono previste pene che vanno da una semplice «multa al carcere per un massimo di due anni». Una misura ben più blanda, dunque, del famigerato ddl Zan.

«Attacco alla libertà religiosa»

Il 2 marzo la polizia interrogò nuovamente Rasanen per 5 ore e mezza per un libretto scritto nel 2004 e pubblicato su siti legati alla Chiesa luterana, intitolato: Maschio e femmina li creò. Nel testo l’onorevole, che è moglie di un pastore luterano e dottore in teologia, spiegava la posizione della Bibbia e perché le relazioni omosessuali non possono essere approvate dalla Chiesa. La polizia aveva già indagato in passato se il libretto potesse costituire un reato e aveva concluso negativamente. Rasanen fu interrogata una terza volta e poi una quarta in merito a una partecipazione in tv nel 2018 dedicata al tema: «Che cosa penserebbe Gesù degli omosessuali?». Anche in questo caso, la polizia aveva già concluso che «nessun crimine è stato compiuto».

L’ex ministro ritiene che tutte queste interrogazioni rappresentino già dei «tentativi di restringere la libertà di espressione e la libertà religiosa». Nonostante la Costituzione finlandese protegga entrambi i diritti, «in pratica se non utilizziamo questi diritti, se rimaniamo in silenzio ogni volta che c’è un tema controverso, lo spazio per esercitarli si restringe sempre di più».

«Ho diritto a professare la mia fede»

Nonostante in passato le indagini della polizia avessero portato a un nulla di fatto, a fine aprile il Procuratore generale ha rinviato a giudizio Rasanen per il tweet, la partecipazione in tv e il libretto scritto nel 2004 con l’accusa di «incitamento all’odio» verso gli omosessuali, riporta l’Helsinki Times.

«Non posso accettare che si possa finire in carcere per avere espresso le proprie convinzioni religiose», ha fatto sapere la parlamentare di 61 anni attraverso i suoi legali di Adf International. «Io non sono colpevole di aver minacciato, diffamato o insultato alcuno. Le mie dichiarazioni sono tutte basate sugli insegnamenti della Bibbia in merito a sessualità e matrimonio. Difenderò il mio diritto a professare la mia fede, così che nessun altro venga privato dei suoi diritti alla libertà religiosa e di espressione. Le mie affermazioni sono legali e non dovrebbero essere censurate. Non mi lascerò intimidire».

Secondo Paul Coleman, direttore esecutivo di Adf International, «la decisione del Procuratore generale crea una cultura di paura e censura. È triste che casi simili stiano diventando fin troppo comuni dappertutto in Europa». Con l’approvazione del ddl Zan, “casi Rasanen” sarebbero inevitabili anche in Italia.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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