L’Europa impone il pensiero unico dell’ideologia gender

Con al risoluzione di qualche giorno fa, il Parlamento Europeo tende a negare esplicitamente o implicitamente l'effettiva natura umana

«L’omosessualità in sé non mi turba affatto. Non mi chiedo nemmeno da che cosa dipenda. Mi dà fastidio invece quando, come il femminismo, si trasforma in ideologia. Quindi in categoria, in partito, in lobby economico-cultural-sessuale, e grazie a ciò diventa uno strumento politico. Un’arma di ricatto, un abuso Politically and Sexually Correct […]. Per essere concepiti, ci vuole un ovulo e uno spermatozoo. Che ci piaccia o no, su questo pianeta la vita funziona così […]. Le leggi dello Stato non possono ignorare le leggi della Natura»: così scriveva Oriana Fallaci qualche anno addietro, per esprimere tutto il disagio che una donna, laica e non credente del suo calibro provava dinnanzi alla (omo)sessualità eretta ad ideologia.

Diversa dall’omosessualità, che è una condizione personale della sessualità, è l’ideologia “gender” la quale, tuttavia, spesso utilizza l’omosessualità per raggiungere i propri scopi reconditi.
L’ideologia “gender” è in sostanza la convinzione per cui la dimensione sessuata umana non abbia rilevanza alcuna ai fini della determinazione identitaria della persona, e che, dunque, debba essere sostituita con l’identità di genere, cioè con la scelta compiuta dal soggetto secondo le sue preferenze personali indipendentemente dalla propria dimensione sessuata fondata sulla naturale dicotomia maschile/femminile.

Sul punto occorre chiarire che di ideologia si tratta, in quanto è una astratta costruzione dell’intelletto che, sovrapponendo la dimensione culturale a quella naturale, tende a negare la dimensione ontologica dell’essere umano basata sulla binarietà del maschile del femminile.
Questa inderogabile naturale binarietà negata dall’ideologia gender, del resto, è comprovata dalla stessa biologia, nell’ambito più pragmatico, e dalla riflessione antropologico-filosofica, entrambe magistralmente riassunte dalle parole di von Balthasar il quale così scrive: «Fino all’ultima cellula il corpo maschile è maschile e il femminile femminile, ed analogamente l’intera esperienza ed autocoscienza empirica. E questo all’interno di una natura umana identica in entrambi, la quale però in nessun punto emerge neutrale […]. Mai l’uomo è così consapevole della propria contingenza di quando ognuno dei due sessi deve persuadersi della propria assegnazione all’altro sesso: nessuno dei due può essere per sé tutto l’uomo, c’è di fronte a lui ogni volta l’altra maniera, a lui inaccessibile, di esserlo […]. In questo modo si scopre l’altro lato della creaturalità: ogni uomo che d’ora in poi nascerà dovrà se stesso ad un processo sessuale, alla concezione e alla nascita».

L’ideologia gender costituisce, in fondo, l’espressione più evoluta del pensiero femminista teso ad un’opera costante di ingegneria sociale attraverso la modifica del ruolo femminile, del rapporto tra i due sessi, dell’istituto della famiglia, della procreazione umana.
Si assiste, insomma, ad un progredire del pensiero femminista di cui l’ideologia gender è l’attuale e più mediaticamente esposta fase di lotta, in previsione della successiva e probabilmente ultima, cioè, non appena la tecnologia lo consentirà, l’utilizzo dell’utero artificiale, l’eliminazione totale dell’istituto giuridico familiare, l’integrazione “essere umano-macchina” per la creazione di quel prometeico sogno bio-tecnologico che è il cyborg (cioè il “cybernetic organism”), come ricorda ed auspica una delle principali sostenitrici e teorizzatrici di una simile prospettiva: Donna Haraway.

Donna Haraway, appunto, ebbe modo di scrivere in tal senso un testo di grande successo dal titolo: A manifesto for cyborgs: science, technology and socialist feminism in the 1980s, pubblicato nel 1985 sul numero 80 della rivista Socialist review.
La tesi di fondo è incentrata sull’idea per cui grazie all’implementazione e l’integrazione dei sistemi bio-tecnologici in un futuro prossimo non sarà più necessario distinguere né sessi, né generi, raggiungendo così, tramite lo sviluppo bio-tecno-sociale, la totale uguaglianza e la definitiva liberazione della donna.
Scrive per l’appunto la Haraway che «il cyborg è una creatura di un mondo post-genere: non ha niente da spartire con la bisessualità, la simbiosi pre-edipica, il lavoro non alienato o altre seduzioni di interezza organica ottenute investendo un’unità suprema di tutti i poteri delle parti. Il cyborg non ha nemmeno una storia delle origini nell’accezione occidentale del termine […]. Il cyborg definisce una polis tecnologica in parte fondata sulla rivoluzione delle relazioni sociali nell’oikos […]. Il cyborg non sogna una comunità costruita sul modello della famiglia organica».

Il Parlamento Europeo si inscrive su questa linea di pensiero totalitaria come tutte quelle che tendono a negare esplicitamente o implicitamente la effettiva natura umana, avendo approvato lo scorso 9 giugno 2015 una risoluzione non politica, sull’uguaglianza di genere in cui così si sancisce: «La prospettiva di genere e la lotta contro la violenza di genere dovrebbero essere integrate nella politica estera, di sviluppo e commerciale dell’Ue. Il Parlamento invita la Commissione a promuovere l’uso del mainstreaming di genere, il bilancio di genere e la valutazione dell’impatto di genere in tutti i settori e per ogni proposta legislativa, a tutti i livelli di governo».
In conclusione, parafrasando Georges Bernanos che contro il totalitarismo della tecnica invocava non già l’abolizione delle macchine, ma la spiritualizzazione del freddo mondo tecnico, si può ritenere che oggi si debbano convogliare tutte le forze dello spirito in difesa delle dimensioni costitutive dell’essere umano dall’opera di tutti coloro che, come il Parlamento Europeo, pretendono ed impongono, secondo una vera e propria logica di massa di aversio a Deo et conversio ad creaturas, di ridefinire l’uomo e il mondo esclusivamente a propria immagine e somiglianza.

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