Elezioni. Le quattro sindachesse anti-‘ndrangheta della Calabria escluse per la Bindi

In Calabria era attesa la candidatura nel Pd per quattro prime cittadine minacciate dalla mafia. Ma sono state dimenticate per lasciare la scena alla vicepresidente

C’è voluto El Pais per aprire la nuova bagarre interna al Pd, dopo quella siciliana, stavolta in Calabria. Ci sono quattro donne, quattro “sindachesse”, che hanno fatto della lotta alla ‘ndrangheta il loro fiore all’occhiello. Nomi ed esperienze locali che in molti, a sinistra, avrebbero voluto traghettate in parlamento. E invece niente: in Calabria, nel listino, il numero dei “paracadutati” voluti dall’alto è maggiore che altrove, in testa l’esempio di Rosy Bindi candidata supereletta, misteriosamente, a Reggio Calabria, dove prima di rado aveva mai messo piede. Ma il caso delle tre sindachesse è stato denunciato dal quotidiano spagnolo, che proprio l’altro giorno ha pubblicato un lungo servizio a loro dedicato. Sono Elisabetta Tripodi, di Rosarno (Rc), Caterina Girasole di Isola Caporizzuto (Cr), Annamaria Cardamone di Decollatura (Cz) e Maria Carmela Lanzetta di Monasterace (Rc).

«È UN SIMBOLO». MA NON LA CANDIDANO. Emblematico il caso di quest’ultima. Lanzetta nella Locride ha subìto ad opera delle ‘ndrine l’incendio della farmacia di famiglia: poco tempo fa le hanno sparato colpi di pistola intimidatori alla porta di casa, e da allora gira sotto scorta. Il suo caso è giunto alla ribalta nazionale, dato che lei si sarebbe voluta dimettere, ma il segretario Pier Luigi Bersani è andato a trovarla a casa (nella foto sotto un momento della visita pubblica), e l’ha invitata alla festa nazionale del Pd. Bersani ha anche citato la storia di Lanzetta durante il duello in tv con l’avversario Matteo Renzi, dicendo che «è un simbolo». Perciò in Calabria in molti nel partito si sarebbero aspettati la sua candidatura al parlamento: Lanzetta racconta di aver ricevuto attestati di stima da centinaia di cittadini e di stare pensando a candidarsi. «Poi ho letto sul Quotidiano della Calabria – raccontava ieri ad un giornale locale – che la mia presenza alle primarie avrebbe chiuso la possibilità ad altri candidati “benvoluti dalla gente”. Neanche il tempo di meravigliarmi e abbiamo saputo che capolista sarebbe stata Rosy Bindi. Per cui ho scelto di non mettermi in concorrenza con il presidente del Partito».
Dopo la mancata candidatura alcuni sindaci hanno firmato un documento che chiedeva spiegazioni. Ma nel partito vige la regola aurea del silenzio: e non c’è nemmeno da stupirsi, dato che il commissario regionale, molisano, si è candidato al secondo posto nel listino, e dietro ancora ci sono altri paracadutati da ogni dove. «Rimane l’amarezza e la delusione per il nostro territorio, che non sarà rappresentato in parlamento», dice Lanzetta.

I DIKTAT DELLA BINDI. Elisabetta Tripodi aveva vissuto e lavorato in Lombardia per 15 anni. Poi ha deciso di ritornare nella patria Rosarno, ed è stata eletta, poco prima della celeberrima rivolta degli immigrati che fece scalpore due anni fa. Da allora anche lei lavora contro le cosche, e gira quindi sotto scorta. Ma non è candidata: pare che la Bindi abbia scalpitato per essere tra le pochissime donne, e comunque quella più forte.
Come non è stata candidata nel Pd Carolina Girasole, sindaco di Isola Caporizzuto. Girasole è sotto scorta dopo le minacce ricevute per l’aspra guerra all’abusivismo edilizio. Seppur bersaniana, alla fine Girasole è l’unica candidata tra le sindachesse, ma solo perché è stata contattata dalla lista Monti: «In una regione dove si rischia la vita – ha spiegato – fare tanti sacrifici per dare una speranza alla Calabria e non essere presa in considerazione lasciava l’amaro in bocca. Dunque, anche se mi sento vicina alla sinistra, questa possibilità non potevo accantonarla».
Ieri Bersani è arrivato a Catanzaro  per dire che «avrete un governo amico della Calabria». Ma l’impressione  da queste parti è che si ripeta il caso della senatrice Daniela Mazzucconi, brianzola, calata e votata in Calabria dall’alto: l’aveva messa lì Veltroni, su pressioni della solita Bindi. Da allora, in Calabria, la Mazzucconi non l’hanno proprio mai vista.

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