Elezioni in Sicilia: «Mai così basso il livello dei candidati. Astensione al 44 per cento»

Per Lillo Miceli, editorialista politico de La Sicilia, «Musumeci è in vantaggio di poco, Grillo prenderà molti seggi nel parlamentino, dove nessun candidato avrà una maggioranza. La gente è arrabbiata».

Il busillis sulle elezioni regionali siciliane, a meno di una settimana dal voto, non è chi vincerà, ma se di fatto qualcuno davvero vincerà. Ne è convinto Lillo Miceli, editorialista politico de La Sicilia che da tre lustri segue le vicende elettorali e governative dell’isola. Anche lui, che queste vicende di solito è capace di leggerle e interpretarle, sulle elezioni di quest’anno confessa: «Ogni pronostico è impossibile. E a prescindere da chi vincerà la poltrona da presidente, resta aperto il nodo del parlamentino dell’isola. È possibile infatti che il presidente non riuscirà comunque ad avere la sua maggioranza tra i deputati dell’assemblea regionale».

Cosa si evince dagli ultimi sondaggi?
Gli ultimi sondaggi sono indicativi del fatto che in una settimana di campagna elettorale in Sicilia, Grillo e il suo Movimento cinque stelle sono schizzati dal 16 al 21 per cento dei consensi. Ovviamente i principali candidati restano Nello Musumeci (Pdl-La Destra) e Rosario Crocetta (Pd-Udc-Psi), in un testa a testa con un punto percentuale di differenza tutt’al più, e Musumeci leggermente in vantaggio. Ma il vero nodo è l’altissimo tasso di astensione, al 44 per cento. È questo che rende ogni pronostico impossibile.

Lei ha seguito le campagne elettorali di tutti i candidati. Come interpreta i dati percentuali alla luce delle impressioni che si è potuto fare osservando le piazze dal vivo?
Il primo dato è che la campagna elettorale non ha scaldato più di tanto gli animi. Si è parlato poco nei programmi su come fare uscire la Sicilia dalla situazione disastrata in cui si trova. In compenso si è verificato un passaggio continuo, come palline di un flipper impazzito, di candidati da uno schieramento all’altro. Sia Musumeci che Crocetta sono molto apprezzati e allo stesso tempo entrambi hanno dei problemi per il loro schieramento. Nel caso di Musumeci è l’alleanza con il Pdl che rischia di diventare una zavorra. Il consenso guadagnato nell’ultima settimana dal M5s dice proprio che è forte il voto di protesta, perché si sono spostati su Grillo i voti dei delusi non del centrosinistra, ma del centrodestra, dato che il Pdl ha rappresentato il governo dell’isola nell’ultimo decennio. Per quanto riguarda Crocetta, invece, su di lui rischia di pesare come una zavorra in senso inverso l’alleanza con l’Udc: è possibile, infatti, che gli elettori Udc possano scegliere dei candidati nelle sue liste, ma non Crocetta come loro presidente, perché non corrisponde ai valori cattolici dell’elettorato. Non perché sia di sinistra, quanto piuttosto per l’omosessualità dichiarata. Poi c’è il caso di Micciché, sui cui pesa negativamente l’alleanza con Raffaele Lombardo. In Sicilia infine giocherà un ruolo importante il voto disgiunto.

Cosa significa?
La legge elettorale siciliana prevede che si possa votare separatamente per il presidente e per i deputati regionali. La situazione è davvero indefinita: è un errore madornale dare Musumeci come scontato vincitore. C’è anzitutto lo sbarramento del cinque per cento, e probabilmente nessuno dei candidati minori, da Gianfranco Micciché (Fli-Mpa-Grande sud) a Giovanna Marano (Sel-Idv), passando per Gaspare Sturzo (Italiani liberi e forti) e i due candidati dei “Forconi”, supererà questo scoglio. Nemmeno il M5s arriverà a competere con Musumeci o Crocetta. Però potrebbe rappresentare un ostacolo molto forte nella composizione del parlamentino regionale. Quasi certamente il presidente eletto non avrà la maggioranza all’Ars, dove invece credo che il M5s prenderà molti seggi.

Davvero Grillo ha raccolto così tanti consensi in una settimana di campagna? O ha solo richiamato l’attenzione in virtù delle telecamere che lo seguivano?
Stamattina Musumeci ha fatto una battuta, riferita ai tempi del Msi di Almirante: «Trovavamo le piazze piene e poi le urne vuote» diceva. Erano tempi diversi. Io ho visto un po’ di piazze elettorali e di solito erano tutte vuote. Ad esempio ad Agrigento (città natale e patria dell’attuale leader del Pdl, Angelino Alfano), al comizio del Pdl c’erano 300 persone, molte delle quali parenti e amici dei candidati. Il comizio di Grillo nella stessa città è stato impressionante, c’era una folla che nemmeno alla Sagra del mandorlo in fiore. Non si sa se effettivamente l’attrazione mediatica e quindi della folla gli porterà voti.

Un elemento importante di questa campagna elettorale è che tutti i candidati si sono fatti la guerra in nome della legalità e dell’antimafia. Perché? Quanto influisce sull’elettorato?
Questo non ha fatto che mostrare una lontananza dall’elettorato. L’unico paradossalmente che ha mostrato un programma è stato Miccichè, mentre gli altri se le davano di santa ragione solo sulla “antimafiosità”. È un film già visto in Sicilia almeno dagli anni ’90, la gente ormai ci ha fatto il callo e anzi possiamo dire che non ne può più, dato il 44 per cento di astensionismo. E questa percentuale potrebbe anche crescere domenica prossima. Ai siciliani adesso di queste cose non interessa nulla. C’è molta rabbia nell’elettorato locale, che si sente tartassato, ma non distingue sulle responsabilità di Roma e Palermo: a questo si aggiunge un surplus di incazzatura per gli sprechi regionali. Si mantengono 26 mila forestali e la Sicilia va comunque a fuoco, ci sono 22 mila precari negli enti locali e, malgrado questa pletora di dipendenti pubblici, per ottenere un documento occorrono lacrime e sangue. Non c’è più fiducia neanche nel politico che risolva i problemi col clientelismo perché tanto le casse regionali sono vuote. C’è una combinazione di eventi che porta i siciliani a dire che tutto fa schifo: dall’altra parte, secondo me, nessuno dei candidati ha studiato il proprio programma facendo leva sulle reali problematiche. Ho visto tante campagne elettorali ma mai, mai, ad un livello così basso. Faccio un esempio: c’è da tre mesi una delibera del Cipe che sblocca fondi da un miliardo e mezzo di euro per costruire la rete fognaria di alcune città. In una terra arsa, con l’imprenditoria che sta morendo e i lavoratori che perdono giornalmente l’occupazione, sarebbe un segno di speranza forte. Invece nessuno dei candidati ne ha anche solo accennato. La bella verità è che nessuno si occupa delle cose che servono.

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