Electrolux, numeri per capire. «Il costo orario italiano è di 24 euro contro i 6 della Polonia» (e in futuro sarà peggio)

L'azienda ha inviato al ministro Zanonato una lettera in cui spiega i motivi che la spingerebbero a delocalizzare. I problemi sono la concorrenza e il costo del lavoro

Nella complicata vicenda Electrolux, l’azienda svedese al centro di una controversia per un presunto taglio del 50 per cento degli stipendi dei lavoratori, è bene tenere presente qualche numero rivelato oggi dal Corriere della Sera. Le trattative sono in atto e coinvolgono il ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato che, rivela il Corriere, ha ricevuto nei giorni scorsi una lettera di cinque pagine in cui l’azienda fra presente alcuni dei motivi che la spingono a delocalizzare in Polonia.

CONCORRENZA. Esiste, innanzitutto, spiega la missiva, un problema legato alla concorrenza. Quel che, una volta, era un settore guidato da europei e americani, oggi è diventato terra di conquista per azienda asiatiche e turche. Questi nuovi player, sfruttando la grande domanda di elettrodomestici nei paesi emergenti, hanno più fondi e liquidità, possono reinvestire, essere più aggressivi, proporre prezzi più vantaggiosi a parità di prestazioni. «Tutto ciò, caro ministro – si legge nella missiva -, produce una brutale compressione dei margini». Di qui le rimostranze di Electrolux che fa notare come il concorrente Bosch, «in particolare nel settore più critico delle lavabiancherie», produce per il 59 per cento in paesi a basso costo del lavoro. Questo significa che i tre grandi gruppi presenti in Italia – Electrolux, Indesit e Whirlpool – sono nella tenaglia di chi fa loro concorrenza dal basso e di chi, dall’alto, avendo delocalizzato, può abbassare i prezzi.

COSTO DEL LAVORO. Ma il numero più interessante su cui riflettere è il costo del lavoro: «Il costo orario italiano è di 24 euro contro i circa 6 della Polonia». La notizia è che il divario è destinato ad aumentare: «In un quinquennio agli 8,36 euro di costo orario in Polonia si contrapporrà un pesantissimo 27,82 in Italia. Sappiamo, aggiungono gli svedesi, che il gap è determinato dal cuneo fiscale che incide in maniera determinante nella composizione del costo aziendale e nella formazione del salario netto che va in busta paga. E sappiamo anche che “tale parte del costo del lavoro non è disponibile alla negoziazione diretta tra azienda e organizzazioni sindacali”». La questione, al di là dei rispettivi giochi di strategia di azienda e sindacati, è qui. Ed è su questo che un governo dovrebbe fare uno sforzo per intervenire.

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