È cambiata la strategia russa per destabilizzare la Moldavia?

O è cambiata la strategia occidentale per prevenire l’ascesa di forze pro-russe al governo del paese? Numeri e sondaggi da guardare per provare a rispondere alla domanda

La presidente della Moldavia, Maia Sandu (foto Ansa)

È cambiata la strategia russa per destabilizzare la Moldavia o è cambiata la strategia occidentale per prevenire l’ascesa di forze pro-russe al governo della Moldavia? L’interrogativo è lecito alla luce degli eventi delle ultime settimane, che hanno visto l’intensificarsi delle proteste contro il governo pro-Ue della presidente Maia Sandu fino al tentativo di assalto alla sede del governo da parte di un migliaio di dimostranti il 28 febbraio, le precedenti dimissioni della premier Natalia Gavrilita, dello stesso partito della presidente, la denuncia da parte della Sandu il 13 febbraio scorso di un complotto del Cremlino per fomentare un colpo di Stato pro-russo a Chisinau, la tensione crescente nella regione separatista della Transnistria alimentata da dichiarazioni incrociate del governo moldavo e del Cremlino.

Il governo più filo-europeista della storia moldava

La strategia russa per un “regime change” a Chisinau era chiara nell’estate scorsa: incoraggiare le proteste popolari contro il carovita conseguenza della guerra in Ucraina, per arrivare a elezioni anticipate che riportassero al governo i partiti pro-russi. Dopo le elezioni presidenziali del novembre 2020 e le politiche del luglio 2021 la Moldavia è governata dall’esecutivo più filo-europeista e filo-occidentale della sua storia, che ha raccolto il 52,8 per cento dei voti col Partito di azione e Solidarietà (Pas) di Maia Sandu, precedentemente eletta capo dello Stato al ballottaggio col 57,7 per cento dei voti. Il consenso si è eroso nel corso del tempo a causa delle conseguenze della guerra: aumento del 600 per cento del prezzo del gas, interruzioni nell’erogazione dell’energia elettrica, inflazione al 32 per cento e crollo delle esportazioni verso la Russia e la Bielorussia (quindi delle entrate dall’export).

Chi organizza le manifestazioni antigovernative

Secondo i sondaggi dell’istituto di ricerche sociologiche iData Date Inteligente di Chisinau, considerato attendibile dal think tank americano Jamestown Foundation, specializzato nelle realtà del mondo post-sovietico, già nel giugno dell’anno scorso le intenzioni di voto per il Pas erano scese al 22,5 per cento, mentre la somma dei partiti filo-russi (socialisti, comunisti e partito Shor) era arrivata al 39 per cento. Dall’estate fino ad oggi si sono susseguite le manifestazioni di protesta antigovernative a Chisinau, ma senza mai raccogliere più di 5-10 mila persone per volta, in maggioranza anziane, nonostante i notevoli finanziamenti provenienti dall’oligarca in esilio Ilan Shor, fondatore dell’omonimo partito partito Shor e riparato in Israele (paese di cui è originario e ha la cittadinanza) nel 2019 per evitare di dover scontare una condanna a sette anni e mezzo di carcere per una frode che ha riguardato le principali banche del paese.

Recentemente i manifestanti si sono organizzati in un vero e proprio movimento che si fa chiamare Movimento per il popolo, la cui portavoce è Marina Tauber, vice presidente del partito Şor, deputata al parlamento più volte arrestata e detenuta prima in prigione e poi ai domiciliari fra il luglio e il dicembre scorsi con accuse di falsificazione dei bilanci del partito e dei finanziamenti da esso ricevuti.

Filo-russi in vantaggio nei sondaggi in Moldavia

A dieci mesi di distanza dai sondaggi di iData Date Inteligente il quadro dell’opinione pubblica in Moldavia non appare sostanzialmente mutato. Il 1° marzo l’istituto ha presentato il suo nuovo rapporto, secondo il quale il Pas risulta stabile al 22,5 per cento delle intenzioni di voto, mentre la coalizione fra socialcomunisti e Partito Şor raccoglierebbe oggi il 32,6 per cento dei voti (19,2 per cento i socialcomunisti, 13,4 per cento Şor). Nessuno degli altri partiti, tutti sotto il 3,1 per cento, otterrebbe seggi in una eventuale elezione. Nella quale, se si confermasse il responso dei sondaggi di Date Inteligente, i filo-russi otterrebbero 79 seggi contro i 42 dei filo-occidentali.

Ma i pro-Ue non sono fuori dai giochi

Se però si analizzano i dati relativi alle intenzioni di voto per le presidenziali, i pro-Ue non risultano affatto fuori dai giochi. Maia Sandu è ancora in testa alle preferenze, benché con una percentuale inferiore a quella che registrò al primo turno delle presidenziali del 2020: 27 per cento di intenzioni contro il 36,1 per cento effettivamente registrato allora. Anche il suo sfidante di allora, il socialista Igor Dodon, vede scendere le sue preferenze dal 32,6 per cento dei voti ottenuti al primo turno delle presidenziali a un potenziale 20 per cento oggi.

Segue al terzo posto con l’11,4 per cento Ilan Şor, colui che da Tel Aviv tirerebbe i fili delle proteste in Moldavia, e che dall’ottobre scorso è sottoposto a sanzioni per decisione del ministero del Tesoro degli Stati Uniti perché accusato di voler destabilizzare il paese per conto della Russia. Diventerebbero perciò decisivi i voti di altri due politici: Ion Chicu, filo-Ue (6,2 per cento) e Ion Cheban, (10,5 per cento), popolare sindaco di Chisinau. Quest’ultimo è considerato pro-russo ma dall’inizio della guerra in Ucraina ha moltiplicato le dichiarazioni a favore dell’ingresso della Moldavia nella Ue. Va anche tenuto presente che il 21 per cento degli intervistati non si è espresso o ha detto che non voterà.

Per i moldavi Zelensky o Putin pari sono

In generale i moldavi appaiono molto scoraggiati rispetto alla situazione, col 57,6 per cento che ritiene che il paese stia andando nella direzione sbagliata, e solo il 31,8 per cento che pensa che stia andando nella direzione giusta.

La Moldavia indipendente dal 1991 è paese problematico. È il quarto paese più povero d’Europa (dopo Ucraina, Georgia e Kosovo) e forse quello con la più alta percentuale di emigrati: dei 4 milioni di cittadini moldavi, solo 2,7 milioni risiedono in Moldavia, gli altri vivono e lavorano all’estero. Non c’è uniformità dal punto di vista culturale e del sentimento nazionale: il 30 per cento degli abitanti vorrebbe unire il paese alla Romania, il 60 per cento è contrario e il 10 per cento non si esprime. Quando si chiede ai moldavi se si sentono culturalmente più vicini alla Romania o alla Russia, il 23,8 per cento risponde “alla Russia”, il 32,6 per cento “alla Romania”, il 39,9 per cento “né alla Russia né alla Romania”.

Molto interessanti anche le risposte che i moldavi danno alla domanda “quanta fiducia avete nei leader politici stranieri?”. Sommando le risposte “moltissima”, “molta” e “abbastanza”, al primo posto appare contro ogni aspettativa Erdogan, col 48,1 per cento, seguito da Macron col 43,5 per cento, da Zelensky col 40,4 per cento, da Putin col 39,8 per cento e buon ultimo Joe Biden col 30,7 per cento, che è il re degli apprezzamenti negativi: il 59 per cento dei moldavi ha “poca” o “nessuna” fiducia in lui. Zelensky e Putin, appaiati nei pareri positivi, lo sono anche in quelli negativi: il 54,6 per cento dei moldavi ha poca o nessuna fiducia in Zelesky, il 54,2 per cento poca o nessuna in Putin.

Un paese diviso sull’adesione all’Ue

Anche sulla questione dell’adesione della Moldavia all’Unione Europea (il governo ha presentato la candidatura nel giugno dell’anno scorso) i pareri non sono unanimi: il 52,2 per cento dei moldavi è favorevole, il 39,4 per cento è contrario e l’8,4 per cento non risponde.

Alla luce di questo panorama politico e demografico frammentato e teso, resta difficile rispondere alla domanda se siano i russi oppure gli occidentali a premere per l’esplosione di una crisi istituzionale a Chisinau, che avrebbe come casus belli non tanto l’esito delle piuttosto pacifiche manifestazioni di piazza antigovernative, le quali non appaiono fin qui minacciare la stabilità del governo filo-Ue, ma scontri militari nella Transnistria, la regione secessionista stretta fra Moldavia e Ucraina dove da trent’anni è presente una forza di interposizione russa di 1.700 soldati.

Le informazioni trasmesse dai servizi segreti ucraini alla Sandu relative a un presunto colpo di Stato pro-russo in preparazione, e da questa rilanciate come attendibili, possono essere interpretate come un tentativo occidentale di trascinare la Moldavia nel conflitto con la Russia prima che i filo-russi tornino al potere, oppure come la rivelazione che Mosca non spera più di recuperare la Moldavia alla sua causa attraverso forme di pressione politica, e ha deciso di passare alle maniere forti. Allo stato attuale delle informazioni non è possibile dire quale sia l’interpretazione giusta.

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