Donne, non femministe: «Liberiamoci dall’ideologia delle Femen»

intervista a Mathilde Gibelin cofondatrice delle Antigones francesi: «La femminilità ritrovata è l'arma per ricostruire il mondo di domani»

«La lotta delle donne di oggi non può essere quella delle femministe di ieri: le Antigones vogliono uscire dall’impasse ideologica del femminismo convenzionale, sistema menzognero che devia le donne dai veri problemi della nostra società. La femminilità ritrovata e accettata sarà la nostra arma per costruire il mondo di domani!». È questo il manifesto di introduzione a un sondaggio pubblicato in occasione della festa della donna dal movimento francese Antigones, nato nel 2013 a Parigi grazie a Iseul Turan (23 anni) e Mathilde Gibelin (27) dopo che Turan si era infiltrata nelle Femen.

BORGHESISMO. Gibelin spiega a tempi.it che «di fronte all’imporsi del femminismo sponsorizzato dalle Femen, volevamo mostrare che esiste anche un’altra concezione della donna e gettare i semi per la ricostruzione del mondo». Cresciuto a Parigi, il movimento di giovani donne «si è allargato in altre città come Lione, Marsiglia e tante altre. A noi si sono unite molte francesi che vogliono ricomprendere chi sono, che cosa sia la femminilità e la donna, per dare il proprio contributo, non contro gli uomini e non in un senso consumistico e capitalista». Per capire meglio cosa intenda Gibelin, basta leggere il manifesto in cui si rifiuta un ritorno all’ideale borghese, rendendo «omaggio a tutti quanti hanno lottato per rendere la loro dignità sociale alle donne, portandole fuori dal vicolo cieco del XIX secolo borghese». La condanna al femminismo radicale consiste invece nella traduzione della lotta «in una ribellione altrettanto convenzionale» in cui «le istituzioni femministe sono diventate tentacoli statali al servizio di una sola libertà, quella del produttore-consumatore».

UN LUNGO LAVORO. Gibelin è convinta che per difendere la donna bisogna prima chiarirsi sulla sua natura: «Per noi la donna è una parte, la metà dell’umanità e la femminilità è la strada con cui la donna si compie». Sicura che occorra ripartire da un lungo e paziente lavoro educativo e culturale spiega: «Abbiamo deciso di sviluppare una tematica all’anno. Nel 2015 è stata quella della “donna e la trasmissione”, nel 2015 “la donna e l’economia”. Quest’anno “la donna e la femminilità”. Mai partendo dall’ideologia, ma dall’esperienza che facciamo tutti i giorni». Per le Femen, al contrario, è fuggendo la natura e ribellandosi all’uomo che si diventa libere.
Il manifesto sprona a riflettere: «Il dibattito è davvero quello sulla parità nei consigli di amministrazione? Non sarebbe piuttosto quello di una ridefinizione del nostro sistema economico basato sullo sfruttamento illimitato delle risorse naturali e umane? È davvero un dibattito quello riguardante le tasse sugli assorbenti? Non sarebbe piuttosto il momento di liberarci dalla cultura dell’usa e getta?».
Che dire poi della contraccezione? «Il dibattito è davvero sulla libera disposizione del proprio corpo? Non sarebbe piuttosto sulla liberazione da questa castrazione chimica sopportata dalle donne, da questi ormoni sintetici che compriamo ogni mese per bloccare l’ovulazione con la scusa di un maggior comfort? Non sarebbe piuttosto quello di riconnettersi con il proprio corpo, imparando a riconoscere il suo ciclo e sull’autocontrollo della fertilità?». E ancora, basta davvero lottare «per il congedo parentale?». Non è invece opportuno riportare l’attenzione «sul ruolo della famiglia nella società e su quello primario della madre nei primi mesi di vita?».

MATERNITA’. La vera schiavitù, secondo le Antigones, nasce da un malinteso rapporto tra i due sessi, servito «a decostruire la società» rendendo la donna «un “uomo come gli altri”», in una «guerra tra i sessi» che ha oscurato la verità: «Siamo le due metà dello stesso intero, indispensabili tra loro come giorno e notte (…). La negazione di questo principio non è che postura politica e ideologica tendente a minare la nostra vita quotidiana e a ipotecare il futuro». Infatti, al contrario di quanto predicato dall’ideologia gender, il modo per rinnovare «la costruzione sociale e ottenere cambiamenti in accordo con ciò che siamo» è «vivere a pieno il proprio sesso biologico». Il che coincide con il vivere pienamente l’accoglienza sopratutto attraverso la maternità, oggi «messa in pericolo dalla sua tecnicizzazione: dalla Gpa, dal congelamento degli ovuli e domani dall’utero artificiale». Come se la maternità fosse una «proprietà individuale» e non «la condizione dell’esistenza dell’umanità». Infatti, se «le femministe “alla Simone de Beauvoir” osano sostenere che la maternità è un peso e una discriminazione, noi crediamo che donare la vita e permettere al domani di esistere sia invece un privilegio. E abbiamo intenzione di usarla come tale. Per creare il collegamento tra il passato e il futuro, trasmettere la memoria e il senso delle cose, la carne e il sangue di una civiltà».

FAMIGLIA. La conversione della società ha solo una via, però: la conversione di ogni singola donna che «inizia con le azioni: cambiare le nostre abitudini di vita sottraendosi al servizio di un capitalismo della seduzione. Ostinatamente, giorno dopo giorno, granello di sabbia dopo granello di sabbia. La lotta delle donne è qui ed ora. Nelle strade, nei giornali e nei libri per fare sentire la nostra voce. In famiglia, il centro da cui si irradia. Nei boschi, nei campi e nei giardini per riappropriarsi della natura. Lontana da sistemi ideologici, ancorata alla realtà della nostra vita».

@frigeriobenedet

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