Don Toufar, martirizzato per non aver voluto negare il miracolo sgradito ai comunisti

Il sacerdote fu ucciso 66 anni fa dopo un mese di torture dalla polizia segreta cecoslovacca. Era testimone di un prodigio "scomodo" avvenuto nella sua chiesa

Il 28 gennaio 1950 don Josef Toufar, il parroco di Číhošt’, un piccolo villaggio della Boemia, viene arrestato da dodici agenti della Polizia segreta cecoslovacca con l’accusa di aver inscenato il miracolo avvenuto nella sua chiesa un mese prima: durante l’omelia della terza domenica di avvento, l’11 dicembre 1949, la croce del tabernacolo si era mossa ripetutamente, fermandosi poi leggermente rivolta verso il pulpito. «In mezzo a voi sta uno che non conoscete», ammoniva quel giorno il Vangelo di Giovanni.

In quella fredda sera di gennaio, due agenti, spacciandosi per giornalisti, bussano alla porta della canonica e dicono di voler vedere il parroco e la croce. Il sacerdote li accontenta, in quei giorni non ha fatto altro che ricevere gente e mostrare a fedeli e curiosi la chiesa e la croce miracolosa. In mezzo al cortile della canonica i due uomini si presentano per quello che sono veramente, due agenti della StB, e finalmente lo arrestano, dopo più di un tentativo andato a vuoto da quel fatidico 11 dicembre. Gli altri dieci compagni attendono in strada appostati in due auto.

L’arresto-rapimento avviene in breve tempo, nessuno si accorge di nulla. L’auto che ha atteso fuori dalla canonica parte a gran velocità con a bordo lo scomodo passeggero, a un incrocio il sacerdote viene fatto salire sulla seconda auto, che poi riparte a tutto gas, direzione il carcere di Valdice, nome in codice Stará Ves.

La nipote Marie, che aveva accolto i due falsi giornalisti e aveva aiutato lo zio a indossare il cappotto prima di uscire dalla canonica, dirà: «Poiché avevo un brutto presentimento, gli mandai dietro il ragazzo che alloggiava da noi in canonica. (…) Un attimo dopo ritornò sorpreso, disse che in chiesa la luce era spenta e che quando era corso fuori dalla canonica aveva sentito il rumore di un’auto che si metteva in moto. (…) Da quel momento non ho più rivisto mio zio».

Poco dopo vengono arrestate altre persone, tra cui l’abate Tajovský del vicino monastero di Želiv (dove in seguito verranno rinchiusi circa 350 sacerdoti privati della possibilità di svolgere il ministero sacerdotale) e il sacrestano della chiesa di Číhošt’. Assieme a lui il corpo del reato, la croce, non più ritrovata.

Dopo circa un mese di indicibili torture, il 25 febbraio 1950, don Toufar muore senza aver confessato la menzogna che avrebbe potuto salvargli la vita, di aver architettato il miracolo attraverso un marchingegno, preferendo seguire Cristo sulla via di un atroce Calvario fino al martirio.

Considerato un elemento sovversivo che si era macchiato di un grave reato, l’aver tentato di turbare l’atmosfera pacifica della Democrazia popolare cecoslovacca attraverso una vile commedia, il sacerdote viene sepolto sotto falso nome in una fossa comune di un cimitero di Praga adibito a discarica. Dopo 65 anni, il 12 luglio scorso, i suoi resti vengono ricomposti nella chiesetta di Číhošt’.

Qualche anno fa la Chiesa ceca ha avviato il processo di beatificazione di don Toufar, martire e vittima del regime comunista in Cecoslovacchia. La sua storia è raccontata nel libro di Miloš Doležal Come se dovessimo morire oggi (Itaca-la Casa di Matriona, Castelbolognese, 2015).

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