Dipendente del M5S licenziato perché si è permesso, in passato, di criticare i grillini su Facebook

Avvocato assunto dal partito di Beppe Grillo racconta la sua disavventura: «Prima mi hanno assunto, poi mi hanno accusato di essere massone e colluso con la mafia»

Prima assunto in base al curriculum (senza mai formalizzare il rapporto di lavoro con un contratto), poi accusato di essere massone e colluso con la mafia, infine licenziato per aver espresso su Facebook, molto tempo fa, delle critiche al Movimento 5 Stelle: è la storia che racconta in una lettera alla Presidente della Camera, Laura Boldrini, ed ai questori di Montecitorio Massimiliano Cardullo, un avvocato che già lavorava per il gruppo di Fli nella passata legislatura.

«Sento il dovere di scrivere questa lettera soprattutto quando, da chi si erge oggi a moralizzatore e si riempie la bocca di parole come “meritocrazia”, “trasparenza”, “onestà”, provengono comportamenti che non possono essere accettati, ma denunciati pubblicamente», si legge nella missiva.

«Il 27 marzo scorso ho sostenuto un colloquio professionale presso il Gruppo Movimento Cinque Stelle alla Camera dei Deputati», racconta Cardullo, «il colloquio, al quale hanno partecipato il capo dell’Ufficio legislativo del Gruppo, Avvocato Emanuele Montini, e i deputati onorevoli Emanuele Cozzolino, Filippo Gallinella e Arianna Spessotto, è consistito nell’esame del mio curriculum vitae, una discussione sulle mie precedenti esperienze lavorative ed un test scritto in tema di diritto parlamentare. L’esito positivo del colloquio mi è stato comunicato il pomeriggio dello stesso giorno e dal giorno dopo ho cominciato a prestare la mia opera presso il Gruppo parlamentare Movimento Cinque Stelle come responsabile delle Commissioni Finanze e Politiche della Comunità Europea».

«Ovviamente mi è stata assegnata una postazione, è stato registrato un pc a mio nome e sono stato presentato agli onorevoli deputati che sarebbero stati assegnati alle Commissioni di mia competenza», prosegue. «Da quel momento, seppur senza nessun contratto né rassicurazioni e certezze sul quantum del mio compenso, ed evidentemente rinunciando in fiducia ad altre opportunità lavorative, ho cominciato con abnegazione e professionalità a prestare la mia opera, in alcuni giorni dalle 9 alle 20 come può facilmente accertarsi mediante la verifica all’ingresso di via Uffici del Vicario 21, lavorando per il Gruppo e ricevendo anche attestati di stima che conservo tra le mie mail».

«Ieri, 8 aprile 2013 , con mia sorpresa dapprima in mattinata mi veniva informalmente comunicato che la mia posizione lavorativa sarebbe stata al vaglio di un’assemblea dei deputati, essendo io stato accusato di essere nell’ordine: massone, avvocato colluso con mafiosi e di essere stato candidato in precedenza in una lista civica. Si tratta di accuse che rifiuto con sdegno e mi riservo di valutare l’intrapresa di azioni legali a tutela della mia onorabilità, che non consento a nessuno mettere in discussione». «Nel pomeriggio poi entravano nel mio ufficio i deputati onorevoli Manlio Di Stefano e Filippo Gallinella, i quali invitavano ad uscire il collega con il quale condividevo la stanza e mi comunicavano l’interruzione del mio rapporto di lavoro con il Gruppo, peraltro fino a quel momento mai formalizzato, con la motivazione che dal mio profilo sul social network “Facebook” avrei pubblicato nel passato, in un momento molto antecedente al mio arrivo al Gruppo, delle critiche al “Movimento Cinque Stelle”, ribadendo peraltro di non aver nulla da eccepire circa la mia competenza tecnica e professionale dimostrata. Certamente per chi fa della trasparenza e del merito una propria bandiera allontanare un lavoratore con motivazioni assolutamente generiche sulle sue opinioni personali è quantomeno contraddittorio». (AGI)

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