Il prof. francese sotto scorta perché ha criticato l’islamizzazione della scuola

Didier Lemaire ha denunciato l'islamizzazione in Francia ed è stato costretto a lasciare il lavoro e la sua città, così come altri suoi colleghi. Nel suo nuovo libro chiede un sussulto contro tutto questo. Prima che sia troppo tardi

Due ragazze musulmane in piazza a Parigi nel 2019 per protestare contro l’islamofobia (foto Ansa)

Parigi. Didier Lemaire è un “un ussaro nero della Repubblica”, come Jules Ferry chiamava i professori, un servitore devoto della scuola laica francese, innamorato dell’insegnamento e del libero pensiero. Fino allo scorso anno, questo professore insegnava filosofia in una scuola di Trappes, poi ha “osato” denunciare l’islamizzazione rampante che stava corrodendo poco a poco la sua città e allungando le mani anche sulla scuola, e da quel momento la sua vita è diventata un incubo.

Non si può più criticare l’islamizzazione in Francia

Minacciato di morte e di “finire come Samuel Paty” (il professore sgozzato da un jihadista ceceno nel 2020) da studenti e individui ascrivibili alla galassia dell’islam radicale, Lemaire ha dovuto rinunciare all’insegnamento ed è ora costretto a vivere sotto scorta per non rischiare di essere un altro Salman Rushdie. Come Mila, la studentessa di diciotto anni perseguitata dagli islamisti per una story su Instagram in cui criticava l’islam, Lemaire conduce la sua esistenza in un luogo nascosto, lontano dalla sua Trappes, diventata la “Molenbeek di Francia”, dal nome della banlieue multietnica di Bruxelles dove è cresciuto il terrorista franco-marocchino Salah Abdeslam, l’unico sopravvissuto degli attentati islamisti del 13 novembre 2015.

Ma nonostante la fatwa che pesa sulla sua testa, continua a combattere con coraggio. Un anno fa, ha pubblicato Lettre d’un hussard de la République, nel quale allertava la società sui pericoli dell’islamizzazione. «Non siamo più in Francia», dichiarava, riferendosi a quei territori perduti della République, dove lo Stato ha abbandonato la gestione dei servizi e della “pace sociale” agli islamisti e alla grande criminalità. Oggi Lemaire è tornato nelle librerie con Petite philosophie de la nation (Robert Laffont), un titolo che ha giustificato con queste parole all’emittente radiofonica Europe 1: «Ho abbandonato la mia carriera. Il contatto con gli allievi mi manca ed è per questo motivo che ho deciso di scrivere questo libro».

Non si può più parlare di Shoah e laicità a scuola

Prima insegnava agli studenti a dubitare, a sviluppare il loro spirito critico, aiutandoli a emanciparsi e a scoprire il piacere del dialogo e di pensare autonomamente: insomma, facendo quello che ogni insegnante dovrebbe fare. Dopo gli attentati del 2015, Charlie Hebdo e Bataclan, la situazione a Trappes è precipitata: è diventata una delle capitali del jihadismo, con conseguenze nefaste anche a scuola, dove certi temi come la Shoah e la laicità non possono più essere affrontati con serenità.

«Non sono l’unico insegnante di Trappes a essere stato obbligato a lasciare la città. Un mio collega di filosofia ha dovuto abbandonare il suo liceo in seguito alla minaccia di uno studente che in classe gli ha detto ‘giuro su Allah che ti fracasso la testa’, una minaccia molto grave», ha raccontato Lemaire a Europe 1, prima di aggiungere: «C’è un problema a Trappes ma anche in tutta la Francia, Parigi compresa: gli insegnanti sono molto esposti». Ha voluto dedicare il suo ultimo libro a un tema che gli è caro: la nazione. «È fratturata, divisa da clivage identitari e sociali estremamente forti. Non è mai stata così male», secondo Lemaire.

È la cultura francese a essere attaccata

Per l’insegnante è la cultura francese, con i suoi costumi e le sue tradizioni, a essere attaccata. «La cultura è una delle basi della nazione. Ma la cultura umanistica, che promuove il valore dell’individuo, è attaccata da alcuni stili di vita, alcune rivendicazioni come quelle identitarie, comunitarie e islamiste. Il velo, il modo in cui si mangia e ci si rivolge agli altri: tutto diventa veramente problematico», ha dichiarato Lemaire in riferimento allo stravolgimento estetico, culturale e sociale provocato dall’avanzata dell’islam nelle banlieue delle grandi città e nei piccoli comuni dimenticati da Parigi. Ai suoi colleghi, ai suoi concittadini, alla classe dirigente, Lemaire chiede un sussulto contro quel pericolo che si chiama islamizzazione: prima che sia troppo tardi.

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