Ddl Cirinnà. I numeri della “stepchild”, il vero problema dell’adozione e la bufala dell’orfanotrofio

Quanti sarebbero i bambini interessati dalla legge sulle unioni gay? E quanti invece non possono avere una mamma e un papà solo per colpa della burocrazia?

Equiparare le unioni gay al matrimonio e riconoscere loro il diritto alla stepchild adoption perché “ormai la società è cambiata”: è uno degli slogan più utilizzati dai sostenitori del ddl Cirinnà. Ma quanto corrisponde alla realtà, almeno a livello di numeri? Avvenire ha provato a fare qualche calcolo, anche riprendendo un articolo pubblicato ieri da Redattore Sociale. E il risultato, ancorché frutto di una stima e non di una conta, è però sicuramente «molto lontano dai “100 mila figli di coppie omosessuali” che viene talvolta citato, a sproposito, nel dibattito serrato di questi giorni. E sostenuto più volte anche dal Corriere della Sera», scrive Alessia Guerrieri sul quotidiano della Cei.

I NUMERI. Spiega Avvenire: «Dati precisi non ce ne sono», a riguardo del numero di minori che potrebbero essere interessati alle novità del ddl Cirinnà; tuttavia, chi fosse alla ricerca di un «ordine di grandezza» attendibile e non distorto da esigenze di propaganda, può affidarsi all’Istat, che nel censimento del 2011 ha registrato la presenza in Italia di 7.513 coppie conviventi di persone dello stesso sesso, di cui 529 con figli. Quanti sono questi figli, dunque? Ragiona la giornalista: «Se si pone il criterio di 1,5 figli per coppia (anche più della media nazionale), si sale a 793, se si ragiona invece su due figli per coppia si arriva a 1.058». Anche volendo aggiungere una quota di figli di coppie omosessuali che non hanno voluto dichiararsi come tali («il 15% secondo l’istituto di statistica»), il numero si fermerà «infinitamente sotto 100 mila».

IL CONFRONTO. Del resto «per capire quanto la cifra dei 100 mila bambini sia campata in aria, basta confrontarla con le statistiche ufficiali degli altri Paesi», aggiunge la giornalista. Che per esemplificare in maniera efficace sceglie di paragonare l’Italia ai casi dei paesi «considerati su questi temi “all’avanguardia”»: «In Gran Bretagna, il censimento 2014 ha dimostrato che su 84 mila coppie same-sex, 9 mila hanno figli. Negli Stati Uniti sono 200 mila, ma su una popolazione di 318 milioni di abitanti. Un po’ improbabile, perciò, che in Italia siano 100 mila su 59 milioni».

L’INTERESSE DEI BAMBINI. È vero però che «le persone non sono numeri», precisa lo stesso Avvenire. E secondo un altro slogan gradito ai sostenitori del ddl Cirinnà, la stepchild adoption va sdoganata proprio per tutelare le persone più deboli, è “nell’interesse dei bambini”. Ma le cose stanno davvero così? Forse prima di rispondere a questa domanda «sarebbe opportuno ascoltare chi ha dedicato tutta la vita al tema dell’infanzia». Lo ha ricordato Gigi De Palo, presiedente del Forum delle Famiglie, introducendo una conferenza stampa organizzata ieri a Palazzo Madama per portare in Senato (dove dal 2 febbraio si inizierà a discutere la proposta di legge sulle unioni gay) le voci di Aibi, Associazione Papa Giovanni XXIII, Azione per Famiglie nuove, Famiglie per l’accoglienza e Progetto Famiglia, ovvero le realtà che «ogni anno si occupano di una gran parte dei bambini in affido e in adozione nel nostro Paese e accompagnano le famiglie in questo percorso impegnativo».

UNA MAMMA E UN PAPÀ. All’evento organizzato dal Forum delle Famiglie, si legge nella cronaca di Zenit, le associazioni si sono espresse come «un coro unanime» in opposizione alla stepchild adoption per le coppie dello stesso sesso, ricordando ai senatori che «i desideri degli adulti non possono prevalere sul diritto dei bambini». Marina Zornada Vegliach, vicepresidente di Azione per Famiglie nuove, ha detto: «La nostra esperienza insegna che anche le ferite più gravi in un bambino possono essere sanate laddove ci sia un rapporto con una padre e una madre». Padre e madre che sono «figure insostituibili al fine di una crescita sana di un bambino».

BISOGNO DI COMPLEMENTARIETÀ. Marco Mazzi, presidente di Famiglie per l’accoglienza, ha confermato che i figli hanno «bisogno della complementarietà» dei genitori e che «l’abbraccio della madre è diverso da quello del padre, così la parola». E Paolo Ramonda, presidente dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, facendo appello tanto all’esperienza della sua organizzazione quanto ai dati della scienza medica, ha ricordato come «ogni tentativo di destrutturare la famiglia nella storia ha provocato effetti disastrosi sui giovani». Marco Giordano di Progetto Famiglia invece ha spiegato che il ddl Cirinnà rischia di «mettere gravemente in discussione» tutto il percorso compiuto per arrivare alla legge italiana su adozione e affido, che è appunto incentrata sul bene del minore e per altro riflette le linee della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo.

QUELLA RISORSA NON SFRUTTATA. Secondo il presidente di Aibi Marco Griffini, infine, il vasto sostegno politico raccolto dal testo sulle unioni gay dimostra solo che «a nessuno interessa realmente il destino dei bambini abbandonati». Altrimenti i dati sconfortanti sulle adozioni in Italia desterebbero un interesse ben superiore a quello (pari a zero) che suscitano attualmente in parlamento. Ha snocciolato Griffini: «Dal 2015 sono state realizzate 2.100 adozioni internazionali, con 1.800 famiglie, ma sono 3 mila le famiglie che nel 2015 hanno ottenuto l’idoneità: quindi ci sono ancora 1.200 famiglie che potrebbero adottare altrettanti bambini…». Questa «potrebbe rappresentare una grandissima risorsa anche per i bambini abbandonati del nostro Paese, che sono 34 mila». Ma al loro destino non pensa nessuno.

LA BUFALA DELL’ORFANOTROFIO. Al massimo i bambini abbandonati servono come arma polemica, come ricordano i senatori Maurizio Gasparri e Carlo Giovanardi in una nota pubblicata nel numero di Tempi in edicola da domani (vai alla pagina degli abbonamenti). «Una delle bufale che inquinano il dibattito sulle adozioni dei minori è l’affermazione ripetuta che “piuttosto che lasciare un bambino in un orfanatrofio è meglio farlo adottare da una coppia gay”», scrivono Gasparri e Giovanardi. «È l’argomento a cui ha fatto ricorso anche Eugenio Scalfari nell’editoriale su Repubblica del 17 gennaio scorso. Peccato che sia, appunto, una bufala». La verità invece è che a causa di mille «lacci e lacciuoli burocratico-legislativi» le coppie di italiani regolarmente sposati che riescono ad adottare bambini sono pochissime rispetto a quelle che desiderano farlo e si imbarcano nel percorso adottivo: «A fronte di circa mille minori che ogni anno vengono dichiarati adottabili, circa 10 mila coppie fanno richiesta di adozione, ma solo una su dieci la ottiene», spiegano i due senatori. Si pensi dunque a «semplificare le procedure per l’accesso all’adozione da parte delle coppie sposate» invece di «coltivare la prospettiva per i bambini», attraverso la legalizzazione di fatto della maternità surrogata, «di ritrovarsi adottati da coppie dove non ci sono un padre e una madre».

Foto Ansa

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