Dall’introduzione dell’euro, ogni italiano ne ha persi 73.000

Secondo uno studio del Cep di Friburgo, la moneta unica ci ha penalizzati a vantaggio di tedeschi (+23.000) e olandesi (+21.000)

Chi ci ha rimesso di più fra i paesi dell’Unione Europea dall’introduzione dell’euro? L’Italia, rispondono Matthias Kullas e Alessandro Gasparotti del Centrum für europäische Politk (Cep) di Friburgo, Germania. L’uno è il capo e l’altro è un analista politico del Dipartimento di Economia e Politica fiscale di questo centro studi che si occupa prevalentemente degli effetti delle normative europee su quelle tedesche. Il loro è il primo studio che cerca di immaginare quale sarebbe stato l’andamento delle economie dei paesi che oggi fanno parte dell’eurozona se in essi la valuta comune non fosse stata adottata. E le loro conclusioni sono che gli unici paesi fra quelli da loro esaminati che hanno tratto vantaggio dall’introduzione dell’euro in termini di prosperità e di crescita economica sono la Germania e l’Olanda, mentre quelli che ci hanno rimesso di più sono Francia e soprattutto Italia.

Lo studio

Per arrivare alle loro conclusioni i due studiosi hanno selezionato gli otto paesi da più tempo facenti parte dell’Unione Europea prima che fosse introdotto l’euro e per i quali sono disponibili dati sufficienti per fare raffronti. Gli otto paesi sono Belgio, Francia, Germania, Grecia, Italia, Olanda, Portogallo e Spagna. Per le loro proiezioni hanno usato il metodo del controllo sintetico, che è un metodo statistico utilizzato per valutare l’effetto di un intervento in studi comparativi. In buona sostanza significa che si costituisce un gruppo di controllo dove l’intervento non ha avuto luogo e si raffronta il suo andamento rispetto a un certo parametro con un soggetto che invece è stato sottoposto all’intervento. Nel caso dell’euro, i due studiosi hanno raffrontato l’andamento del Pil in valore assoluto e del Pil pro capite di ciascuno degli otto paesi presi in considerazione con quello di gruppi di controllo costituiti da paesi che non hanno l’euro come loro moneta e che sono simili dal punto di vista macroeconomico al paese con cui s’è fatta la comparazione. A ogni paese del gruppo di controllo viene attribuito un diverso peso nel raffronto col paese dell’eurozona sulla base della maggiore o minore somiglianza dal punto di vista dei valori economici generali. Così per la Germania il raffronto è stato fatto con Giappone (35,8%), Regno Unito (26,4%), Bahrein (28,1 %) e Svizzera (9,7%); per l’Italia la comparazione è stata fatta con Regno Unito (63,2%), Australia (31%), Israele (3,8%) e Giappone (2%). E così via per gli altri sei paesi. Gli archi di tempo scelti per i raffronti sono il periodo 1980-1996 per quanto riguarda l’epoca in cui l’euro non esisteva, e il periodo 1999-2017. Il 1999 è l’anno in cui l’euro ha cominciato ad essere scambiato sui mercati finanziari, mentre la circolazione monetaria effettiva è iniziata l’1 gennaio 2002. Per la Grecia i calcoli partono dal 2001, anno in cui il paese ha aderito all’euro.

Il raffronto Italia-Germania

Il risultato dell’analisi è che il paese europeo che ha guadagnato di più dall’adesione all’euro è la Germania: fra il 1999 e il 2017 il suo Pil è aumentato di 1.893 miliardi di euro di più di quello che sarebbe successo se l’euro non fosse esistito. Questo significa 23.116 di euro in più per abitante nei diciannove anni del periodo. La Francia, invece, avrebbe perduto 3.591 miliardi di euro potenziali di Pil nello stesso periodo, pari a 56 mila euro per abitante (quasi 3 mila euro pro capite all’anno!) e l’Italia addirittura 4.325 miliardi di euro, pari a 73.605 euro pro capite, che sono quasi 3.900 euro per abitante all’anno!

Olanda e la Grecia

Oltre alla Germania ci ha guadagnato l’Olanda con 346 miliardi di euro di Pil in più rispetto a uno scenario senza euro; in termini di surplus per quanto riguarda il Pil pro capite l’Olanda è molto vicina alla Germania, potendosi valutare a 21 mila euro in più l’impatto dell’euro. Un tedesco ha mediamente registrato 1.216 euro in più di Pil pro capite all’anno, un olandese 1.105. 

Particolarissima la situazione della Grecia, che risulta beneficiaria dell’euro per il periodo 2001-2010, e pesantemente in deficit per il periodo 2011-2017. Il risultato finale attesta un leggero incremento di 2 miliardi di euro per il periodo 2001-2017.

Non una parola sugli squilibri

I due autori dello studio non approfondiscono le cause delle diverse performance. Si limitano a notare che a causa dell’impossibilità di effettuare svalutazioni molti paesi entrati nell’euro non sono più competitivi sui mercati internazionali e che Francia e Italia dovrebbero intraprendere riforme strutturali se vogliono stare all’interno dell’eurozona traendone vantaggio. Nemmeno una parola sul mostruoso avanzo della bilancia commerciale tedesca, fonte di squilibri non solo in Europa ma a livello globale.

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