Dal cannibalismo alla nave sforna iceberg. Idee radicali per cambiare il clima

C'è vita oltre Greta Thunberg, anche se spesso le teorie per combattere il global warming sono più spaventose che rassicuranti. In Svezia propongono di mangiare carne umana, In Indonesia usano un po' di più il cervello

Decarbonizzare in modo drastico l’economia, rinunciando alle fonti fossili di energia e riducendo così la CO2 emessa dalle attività umane, non è l’unico modo per combattere i cambiamenti climatici. Mentre Greta Thunberg fa il giro del mondo in barca a vela per diffondere il suo sacro verbo, infatti, c’è chi pensa a soluzioni più drastiche e fantasiose per rispondere al problema del global warming. Spesso partendo da presupposti completamente differenti.

NO AGLI ALLEVAMENTI, SÌ AL CANNIBALISMO

Il professore svedese Magnus Soderlund, ad esempio, insegna alla Scuola di economia di Stoccolma e ha individuato negli allevamenti intensivi di animali il nemico principale del clima. Convinto da una parte che gli uomini non smetteranno mai di mangiare carne e dall’altra che gli allevamenti rappresentano la vera piaga climatica, ha proposto di abbattere un «tabù» e di tornare al cannibalismo. Il docente ha rilanciato le sue idee in un’intervista al canale locale TV4, così riprese da Libero:

«In Occidente i tabù della popolazione impediscono all’industria alimentare di trattare la carne umana. La gente ha un antico terrore di maneggiare cadaveri, nonostante nella storia gli esseri umani si siano sempre uccisi. La gente è conservatrice nelle abitudini alimentari. Ma non bisogna lasciar nulla di intentato su ambiente e clima. Il cannibalismo può limitare epidemie, potrebbe essere ciò che il dottore raccomanda alla gente».

LA NAVE SFORNA ICEBERG

Per l’architetto 29enne Faris Rajak Kotahatuhaha, invece, non c’è alcun bisogno di arrivare a tanto. Se l’innalzamento della temperatura scioglie i ghiacciai dell’Artico, diminuendo così la superficie in grado di riflettere i raggi solari e aumentando allo stesso tempo il rischio che si alzi il livello degli oceani, invece che distruggere l’economia per ridurre le emissioni di CO2, basta «produrre» nuovi ghiacciai e ripopolare l’Artico.

Come? Con un apposito macchinario di sua invenzione appena presentato alla competizione internazionale di design Asa, dedicata a scovare «idee innovative e approcci così radicali» da meritare la definizione di «sostenibilità sbalorditiva».

Il team guidato dal giovane architetto indonesiano ha inventato una nave in grado di immergersi nelle gelide acque dell’Artico, raccogliere l’acqua in una enorme vasca, rimuovere il sale, aumentando così di tre gradi fahrenheit il suo punto di congelamento, azionare una tettoia per proteggerla dal sole e sfornare in un mese un iceberg esagonale spesso 5 metri e grande 25. Gli iceberg si collegherebbero lentamente tra loro fino a formare una nuova superficie di ghiaccio.

L’idea è fantascientifica, spiega la Cnn, anche se non assurda. Secondo il docente di Osservazione terrestre alla Leeds University, Andrew Shepherd, si tratta di «una soluzione ingegneristica molto interessante». Anche se per rimpiazzare il ghiaccio alla stessa velocità con il quale si scioglie servirebbero 10 milioni di navi sforna iceberg. «È un bel numero, ma se viene prodotto abbastanza ghiaccio si potrebbe arrivare ad alterare la temperatura del Pianeta».

«DOBBIAMO CAMBIARE IL MODO DI PENSARE»

Kotahatuhaha sa che la sua idea è molto poco convenzionale ma, spiega, bisogna combattere i cambiamenti climatici partendo da approcci nuovi. «Bisogna cambiare il modo di pensare. I paesi ricchi pensano di investire milioni di dollari per proteggersi dall’innalzamento del livello dei mari. Noi pensiamo che invece di difendersi, bisognerebbe investire per contrastarlo».

Questione di punti di vista. Ma se si considera che decarbonizzare l’energia costerebbe, allo stato attuale, circa otto milioni di miliardi di euro, forse si può pensare di fare un piccolo investimento nelle navi di Kotahatuhaha. In alternativa, possiamo sempre cominciare a metterci a tavola col nonno. Nel piatto.

@LeoneGrotti

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