«Abbasso la dittatura. Non ci lasciano vivere». Protesta senza precedenti a Cuba

Ieri decine di migliaia di persone sono scese in piazza in tutto il paese contro la mancanza di cibo e medicinali. «Non ne possiamo più». Tra gli arrestati, anche un sacerdote

Migliaia di cubani sono scesi in piazza contro il regime comunista ieri, in quella che è la più grande dimostrazione antigovernativa dal 1994 a Cuba. La popolazione, al grido di «abbasso la dittatura», ha protestato per il crollo dell’economia e la difficile situazione sanitaria dovuta alla pandemia di Covid-19.

«A Cuba non ci lasciano vivere»

L’anno scorso, come riporta la Bbc, l’economia cubana ha subito una contrazione dell’11 per cento a causa della pandemia e delle sanzioni americane. Il presidente, nonché segretario del Partito comunista, Miguel Diaz-Canel è intervenuto in televisione per incoraggiare una «risposta rivoluzionaria» alle proteste, puntando il dito contro «mercenari assoldati dagli Stati Uniti».

Ma le proteste sono tutt’altro che fomentate dall’estero. Iniziate nella città di San Antonio de los Banos, 35 chilometri a sudovest della capitale, si sono diffuse in tutto il paese. Un manifestante di nome Alejandro ha spiegato così le ragioni della protesta all’emittente britannica: «Oggi è il giorno: non ne possiamo più. Non c’è cibo, non ci sono medicina, non c’è libertà. Non ci lasciano vivere. Siamo stanchi». Molti manifestanti sono stati arrestati e picchiati dalle forze dell’ordine. Tra le ragioni della protesta, anche la cronica mancanza di vaccini.

Cuba accusa gli Stati Uniti

Se Cuba accusa le sanzioni degli Stati Uniti per le cronache mancanze di cibo e medicinali, come fa notare il Wall Street Journal, «l’embargo non riguarda né il cibo né le medicine». Al contrario, «penuria di medicinali per malattie curabili sono la normalità a Cuba. La scabbia è oggi facilmente curabile, ma i funzionari della sanità cubana non riescono a impedirne la diffusione».

«È orribile ed esasperante vedere tuo figlio malato e non poter fare nulla perché mancano le medicine», dichiarava una madre a febbraio al giornale Diario de Cuba. «Sono andata in ospedale ma anche lì non sanno come curarlo. È una tragedia». Lo stesso giornale il 6 luglio ha citato un allarmato messaggio su Facebook di un’infermiera che lavora all’ospedale provinciale Faustino Perez di Matanzas: «Non ci sono più letti né barelle, l’ospedale si è ritrovato senz’acqua per due volte per più di sei ore». Un altro medico lamenta invece la mancanza di personale medico.

Arrestato anche un sacerdote

Il paradosso è che Cuba dispone di molti medici, e adeguatamente preparati, ma come accaduto anche per l’Italia durante le fasi più difficili della pandemia, il governo preferisce inviare decine di migliaia di professionisti all’estero «per raccogliere soldi. I paesi stranieri pagano L’Avana in dollari o euro e ai lavoratori va solo una minima parte, il resto viene usato per rimpinguare le casse. Cuba produce anche medicine, ma preferisce esportarle per fare profitti piuttosto che metterle a disposizione della popolazione». Questa «strategia della sopravvivenza» medica è tra le cause scatenanti della protesta senza precedenti di domenica.

Tra gli arrestati per «disordine pubblico» c’è anche un sacerdote: padre Casto José Alvarez Defesa è stato detenuto nella città di Camaguey per aver detto su Facebook commentando il Vangelo: «Tutti siamo chiamati a vincere il male». Il sacerdote faceva riferimento anche alla difficile situazione alimentare nel paese, dove si verificano code interminabile per acquistare gli alimenti.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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