«Il Cristo sofferente si presenta a noi attraverso i fratelli musulmani». Così si costruisce la pace in Centrafrica

Parla l'arcivescovo di Bangui, monsignor Dieudonné Nzapalainga: «La pace non è un'utopia ma deriva da Cristo. Così facciamo arretrare il regno del male»

«La gente è stanca e vuole la pace, ma è ostaggio delle bande armate che usano la violenza per imporsi». Nonostante la guerra civile sia diminuita di intensità in Centrafrica, la situazione è ancora «volatile e precaria», afferma il presidente della Conferenza episcopale locale, monsignor Dieudonné Nzapalainga.

RICONCILIAZIONE. Parlando all’agenzia Sir, l’arcivescovo di Bangui ha sottolineato l’importanza di riconciliare la popolazione, cristiani e musulmani. «Osserviamo un timido ritorno ai quartieri abbandonati. Gli incontri di coesione sociale si moltiplicano. Questo mostra il desiderio dei centrafricani di voltare questa pagina oscura del nostro Paese».

DOPO LE PERSECUZIONI. Dopo la sanguinosa persecuzione dei cristiani da parte dei ribelli Seleka (mercenari islamici provenienti da Ciad e Sudan) e la vendetta sui musulmani da parte delle milizie animiste anti-balaka, l’arcivescovo ha proposto a tutti i cristiani di aiutare i circa 900 ribelli Seleka rinchiusi nel campo Beal in condizioni di estrema miseria. Nonostante molti di loro avessero perseguitato i cristiani, monsignor Nzapalainga disse: «Qui al campo vivono uomini, donne e bambini. Per me, che sono un uomo di Dio, questi sono tutti figli di Dio, esseri umani che il Signore ha creato a Sua immagine e che io ho il dovere di incontrare».

«CRISTO SOFFERENTE». Il 24 novembre all’iniziativa di pace hanno partecipato «367 cristiani. Il 23 dicembre sarò con altri in un secondo campo Seleka. Vogliamo avvicinarli ai loro fratelli per conoscerli, stimarli e amarli. Il Cristo sofferente si presenta a noi attraverso i nostri fratelli. Molti giovani non vengono ascoltati, e noi ci prendiamo il tempo di ascoltarli, di ascoltare i loro sogni infranti. Dietro la loro avventura si nasconde la questione della ricerca della felicità. Una felicità al di fuori di Gesù rimane effimera. Con Gesù, troviamo il senso della nostra vita».

«LA PACE NON È UTOPIA». L’arcivescovo di Bangui ha invitato tutti i cristiani a unirsi a lui perché «la pace non è un’utopia. Ogni cristiano è un artefice di pace con le sue parole e le sue azioni. Spetta ai cristiani lasciarsi conquistare da Cristo e offrire la sua pace agli uomini. Queste iniziative sono l’espressione della nostra fede in Cristo e diventano un cammino di costruzione della pace». Infine, ha ricordato alla comunità internazionale che «ha il dovere di aiutare il Centrafrica affinché non diventi un covo di ladri, gangster e teppisti. La pace è compito dei centrafricani, prima di tutto, la comunità internazionale deve aiutarci a far arretrare il regno del male, non appropriarsi di questo processo».

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