Dallo Stato di emergenza al “cittadino nuovo”?

Limiti alle libertà fondamentali, obbligo di aderire a ciò che è bene per lo Stato, politiche di sviluppo demandate a un livello superstatale. Le possibili derive di alcune grandi riforme giuridiche

Osservazioni su possibili effetti di alcune grandi riforme giuridiche dei tempi attuali. Le cause, in attesa di avere strumenti di analisi e lettura affidabili, le lascio a varie possibili teorie del complotto.

1) Ormai esiste, nella Costituzione “materiale”, una situazione chiamata “Stato di emergenza”, che è nella totale disponibilità del Governo.

2) Il governo è quindi in grado, alla bisogna, di modificare per decreto (si deve forse affinare la scelta del decreto più adatto, ma la direzione è quella) il perimetro effettivo di alcune libertà “fisiche” fondamentali. È il caso della libertà di riunione o di circolazione, della libertà di culto, in qualche misura dell'”habeas corpus”, in particolare relativamente all’obbligo a essere sottoposti a trattamenti sanitari, perfino se  sperimentali. Possiamo dire ancora che, nel suo “funzionamento”, la nostra è ancora una Costituzione “rigida”?  

3) Lo Stato introduce per legge teorie e letture della realtà antropologica, come base giuridica di norme che estendono in modo non ben definito la sanzione penale per reati il cui fatto commissivo è l’espressione di un pensiero o di una opinione. Nella logica della “affirmative action”, poi, cominciano ad essere introdotti obblighi, ad esempio per le scuole, di diffondere e valorizzare le teorie e le letture che lo Stato fa sue come bene giuridico da difendere e da promuovere. È la premessa per la rilevanza penale anche di comportamenti omissivi?

Sviluppo e ricadute fiscali

4) Le linee di politica industriale e di sviluppo – completamente demandate a un livello superstatale, costituito grossomodo da una alleanza tra paesi che limitano volontariamente la propria sovranità – sono caratterizzate in questo passaggio da alcuni elementi precipui: 

– rilevanza essenziale del sostegno finanziario da parte del livello superstatale; 

– finalizzazione di questi sostegni alla realizzazione di piani industriali (di durata pluriennale) che potrebbero implicare rilevanti fenomeni di obsolescenza industriale e professionale: in particolare verrebbero trasfigurati settori (automotive/settore energetico) in cui l’economia europea ha attualmente la sua eccellenza tecnologica. Settori strettamente connessi con l’esercizio effettivo della libertà di circolazione delle persone e di tutte le libertà ad essa connesse; 

– rilevantissima ricaduta fiscale sulla popolazione delle scelte di politica industriale europea (accise sui carburanti, carbon tax sulle emissioni domestiche, dazi doganali CO2 per i beni di importazione). Big taxation without representation?

5) Modifica di parti della Costituzione, in passato largamente considerate “non revisionabili” (i Principi Fondamentali), nella materia (l’ambiente) che costituisce il principale driver dei piani industriali pluriennali a cui il paese si adeguerà.

I nuovi “cives”

I cambiamenti accennati riguardano elementi costitutivi di quella dimensione dell’uomo che chiamiamo “cittadinanza”: la possibilità attuale della contemporanea modificazione profonda di molti di loro, e la potenziale estensione delle modifiche, data la trasformazione degli equilibri e dei freni effettivi a livello istituzionale, a molti altri aspetti, pone in questione l’esistenza stessa di qualcuno che possa essere chiamato “cives”?

Probabilmente questa possibile deriva merita un dibattito politico e culturale più approfondito, più ricco, più fecondo e più partecipato di quello attuale. A meno che non sia in atto una trasformazione politica e antropologica (se non altro per quanto riguarda l’uomo europeo) maggiore di quanto sembri.

Foto Ansa

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