Cospito non è un anarchico

Da un lato, gioca la sua battaglia ponendo una questione etica allo Stato che non riconosce, dall'altro usa le leggi dello Stato per far valere i suoi "diritti"

Alfredo Cospito, 30 ottobre 2013, Genova (Ansa)

Di Alfredo Cospito si è parlato molto e forse anche troppo. Una cosa non si è mai detta però, è cioè che il militante che oggi fa lo sciopero della fame, assumendo però integratori e latte, non è un anarchico. Terrorista sì, ma non anarchico.

La sua battaglia sull’abolizione del 41 bis, dove in altro contesto potremmo dibattere per cominciare a mettere in discussione, finalmente, il regime con tutta la sua carica di disumanità, perché il provvedimento deve servire a tagliare i legami mafiosi, ma non può mai diventare vendetta. Farlo ora però presterebbe il fianco ad un signore che si è assunto in carico due termini “anarchico” e “insurrezionalista”.

La storia di questo movimento è lunga e inizia nel 1800. Nel corso del tempo si sono formulate molteplici tendenze e modalità d’azione, ma un punto rimane identico e inalterato anche rispetto alle diverse declinazioni: il disconoscimento dello Stato e il riconoscimento di tutti gli uomini, non solo come pari ma addirittura fraterni.

Si lascia morire un uomo?

Dunque, cosa fa Cospito? Sfida lo Stato, che non riconosce se non come carceriere, incarna sul suo corpo la lotta, chiede gli arresti domiciliare per sé e per altri detenuti attualmente sottoposti al 41 bis. Lascia intendere di giungere alla morte se lo Stato non prende in considerazione la sua richiesta.

È evidente che il suo stato di salute è autoindotto, che usa il suo corpo come un’arma, ponendo sulla testa della Procura generale di Milano la questione morale. Si lascia morire un uomo? Lo si segue nel suo percorso suicida senza intervenire?

In verità, “l’anarchico” è collocato stabilmente nel reparto di medicina penitenziaria del San Paolo, sempre in stato di detenzione carceraria e in regime di 41 bis. La richiesta, avanzata ai giudici della Sorveglianza, si basa sulle condizioni di salute “invariate ma gravi” dell’anarchico, ricoverato nell’ospedale ma come soluzione temporanea e non stabile. Il parere negativo ai domiciliari, invece, si basa sul fatto che la sua condizione grave è auto-procurata.

Le Dichiarazioni anticipate di trattamento

Cospito, tra l’altro, a fronte di una perizia psichiatrica, è risultato capace di intendere e di volere e non presenta problemi di salute mentale quindi, non si può pensare di applicare il Trattamento sanitario obbligatorio che sarebbe l’unico modo per evitare la sua morte, se continuasse nel suo sciopero della fame.

La domanda però sta tra le righe. Perché l’unica possibilità sarebbe il Tso? Perché Cospito, l’anarchico, ha sottoscritto le Dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat) con le quali rifiuta, in caso di perdita della coscienza, l’eventuale alimentazione artificiale e altri trattamenti forzati. Le disposizioni anticipate di trattamento, comunemente definite “testamento biologico” o “biotestamento”, sono regolamentate dall’art. 4 della Legge 219 del 22 dicembre 2017, entrata in vigore il 31 gennaio 2018, quindi un’emanazione legislativa, manifestazione di uno Stato al quale Cospito si è affidato.

Cospito non è un anarchico

Da un lato quindi, l’anarchico gioca la sua battaglia ponendo una questione etica allo Stato che non riconosce, con lo scopo di sconfiggerlo, dall’altra si affida proprio allo Stato affinché le sue volontà vengano rispettate.

Gli anarchici si sono sempre rifiutati di accettare ogni Costituzione negando la validità delle istituzioni create dall’uomo. Cospito invece si è affidato eccome allo Stato. Con le Dat ha sposato la legislazione, ha abbracciato le leggi, ha stretto un matrimonio indissolubile al punto tale che il suo legale, l’avvocato Flavio Rossi Albertini, ha affermato che neppure in caso di incoscienza lo si potrà alimentare forzatamente.

E chi è il garante delle sue volontà? Lo Stato. Esattamente quell’istituzione che un anarchico non dovrebbe riconosce. Cospito non è un anarchico! Poi di tutto il resto possiamo discuterne.

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